0.1 abituadi, abituata, abituate, abituati, abituato, habituata, habitüata, habituati, habituato, habitüato.
0.2 V. abituare.
0.3 Dante, Convivio, 1304-7: 1.
0.4 In testi tosc.: Dante, Convivio, 1304-7; Chiose Selmiane, 1321/37 (sen.); <Cavalca, Disc. Spir., a. 1342 (pis.)>.
In testi sett.: Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.).
0.8 Pär Larson 12.05.1998.
1 Che ha preso l'abito, la consuetudine di qsa.
[1] Dante, Convivio, 1304-7, I cap. 6, pag. 25.15: in qualunque uomo fosse tutto l'abito del latino, sarebbe l'abito di conoscenza distinta dello volgare. Ma questo non è: ché uno abituato di latino non distingue, s'elli è d'Italia, lo volgare [inghilese] dallo tedesco; né lo tedesco, lo volgare italico dal provinciale.
[2] Jacopo Alighieri, Inf., 1322 (fior.), cap. 5, pag. 59.3: Dimostrata la qualità del primo grado infernale, in quella del secondo qui si procede, la quale di coloro in cui la ragione umana all'abituato talento della lussuria è sottomessa, si considera...
[3] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 25, 46-66, pag. 604, col. 2.12: la quale trasformazione sí come aparerà in lo texto è della seconda condizione di ladri, li quai com'è ditto no èno abituadi a furare, ma quando àno dextro sí furano, e po' mai no se penteno, e per consequens doventano serpenti e mai altro no sen vede.
[4] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), Son. 427.2, pag. 257: Secondo diversa alteratïone / èe l'omo habitüato ad amore / di donna, di denari over di honore, / come l'apetito li dà casone...
[5] Chiose Selmiane, 1321/37 (sen.), cap. 25, pag. 122.22: E nota, che qui si dichiara la terça speçie de' ladroni, cioè coloro che non sonno habituati a furare, ma per cupidità furano e ricieptano e furti.
[6] <Cavalca, Disc. Spir., a. 1342 (pis.)>, cap. 4, pag. 38.3: La vanagloria adunque è in se considerata rea cosa, e alcuna volta cagione di bene a gl'infermi; cioè a coloro, che non ancor sono ben saldi, e abituati nel bene operare; perciocchè, come dice un santo Padre, molti religiosi, e spirituali persone caderebbono alcuna volta in lussuria, o in altro vizio, se non guardassero al vituperio, e al dir delle genti.
[7] Boccaccio, Decameron, c. 1370, IV, introduzione, pag. 263.9: Il valente uomo, pensando che già questo suo figliuolo era grande e era sì abituato al servigio di Dio, che malagevolmente le cose del mondo a sé il dovrebbono omai poter trarre, seco stesso disse: «Costui dice bene»; per che, avendovi a andare, seco il menò.
[1] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. VII (ii), par. 92, pag. 430.15: non pecca in assai cose meno chi vuole e non puote che chi vuole e puote; e perciò, non diminuendosi l'abito preso del vizio, non diminuisce il vizio nello abituato: laonde convenientemente segue in igual supplicio punirsi il prodigo e l'avaro.
[u.r. 21.04.2005]