AGGHIACCIARE v.

0.1 aclaça, adghiacciano, agghiacci, agghiaccia, agghiacciando, agghiacciar, agghiacciare, agghiacciate, agghiacciato, agghiacciava, agghiaccio, agghiaciati, aggiacci, aggiaccio, aghiacci, aghiaccia, aghiaccian, aghiacciare, aghiacciata, aghiacciato, aghiacciò, aghiaza, agiaza, aglaççada, aglazada, aiachia.

0.2 Da ghiaccio 1.

0.3 Proverbia que dicuntur, XIII pi.di. (ven.): 1.1.

0.4 In testi tosc.: Dante, Vita nuova, c. 1292-93; Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.); Metaura volg., XIV m. (fior.).

In testi sett.: Proverbia que dicuntur, XIII pi.di. (ven.); Memoriali bologn., 1279-1300.

In testi sic.: Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.).

0.7 1 Diventare di ghiaccio. 1.1 Subire un calo patologico della temperatura corporea. 1.2 Fig. [Di sentimenti di pena, dolore, sgomento, paura; della perdita di vitalità]. 2 Far gelare. 2.1 Fig. Far gelare, rendere freddo (azione che Amore o la visione dell'amata esercitano sul cuore innamorato del poeta).

0.8 Massimiliano Chiamenti 28.12.1998.

1 Diventare di ghiaccio.

[1] Metaura volg., XIV m. (fior.), L. 2, cap. 16 ch., pag. 257.14: E i fiumi che corrono a lungi da le sue uscite molto ricevono del gielo de l'aiere, e il verno affreddano e alcuna volta adghiacciano.

[2] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 34, pag. 238.35: Hacci un fiume che tutta la settimana corre salvo che 'l sabato. Hacci un fiume che 'l giorno corre e la notte aghiaccia. Hacci fontane che gueriscono di fedite bagnandovi entro. Hacci di quelle che rendono memoria, altre che danno caldo di lussuria, altre che fanno, bevendone, ingrossare la gola malordinemente.

[3] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 7, par. 6, vol. 1, pag. 117.3: Exemplu: L'acqua curri et aiachia, fassi cristallu; l'auru esti soldu et squaglassi et fassindi inca di scriviri, et scrivimu di auru comu scrivimu di inclostru.

1.1 Subire un calo patologico della temperatura corporea.

[1] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), [Svet.] L. 7, cap. 49, pag. 275.20: Quando elli fu passato in Affrica, elli aghiacciò e indebilì sì, che elli cadde nell'uscire del mare; unde li suoi cavalieri furono molto smarriti.

1.2 Fig. [Di sentimenti di pena, dolore, sgomento, paura; della perdita di vitalità].

[1] Proverbia que dicuntur, XIII pi.di. (ven.), 280, pag. 535: e de maldir de femene sì me pen'e percaça; / mai, se Deu bona fin [unc'] a mi fare faça, / per ler ai tal tristicia qe lo cor me s'aclaça. / Molti asditi ai fati; se Deu me benëiga, / [d]e rei fati de femene eu no m'alegro miga.

[2] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 19 parr. 4-14.34, pag. 75: Dico, qual vuol gentil donna parere / vada con lei, che quando va per via, / gitta nei cor villani Amore un gelo, / per che onne lor pensero agghiaccia e pere; / e qual soffrisse di starla a vedere / diverria nobil cosa, o si morria.

[3] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), Tenz. 83.10, pag. 235: C'a tal m'à dato, ch'io deg[g]ia ubidire, / se mi si cela, m'è mortal dolore; / e, quando sua bieltà veg[g]io aparire. / lo cor m'aghiacc[i]a, e fug[g]emi il colore!

[4] Memoriali bologn., 1279-1300, (1292) [Dante Alighieri] 40.34, pag. 77: Dico, qual vole gentil donna parere / vada cun lei; quando va per via, / getta nei cor' villani Amor un gelo, / per ch'onne lor vertú aghiaza e pere; / e qual sofferisse de starla a vedere / deveria nobel cosa, o se moria.

[5] Dante, Commedia, a. 1321, Purg. c. 9.42, vol. 2, pag. 142: mi fuggì 'l sonno, e diventa' ismorto, / come fa l'uom che, spaventato, agghiaccia. / Dallato m'era solo il mio conforto, / e 'l sole er'alto già più che due ore, / e 'l viso m'era a la marina torto.

[6] Dante, Rime, a. 1321, 80.23, pag. 280: Similemente divien tutto giorno / d'uom che si fa adorno / di fama o di vertù ch'altrui dischiuda, / che spesse volte suda / de l'altrui caldo tal che poi agghiaccia. / Dunque beato chi per sé procaccia. || Ma è da escludere la paternità dantesca del pezzo, già dal Contini autorevolmente avvicinato ad Antonio Pucci, e da collocare come sec. XIV u.d.

2 Trans. Far gelare.

[1] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 95, pag. 301.27: Non credere, che la neve, che l'uom bee di state, non agghiacci le 'nteriora: e non credere, che' pesci del mare, ingrassati di fango, avendo la lor carne limosa, non nocciano al corpo.

[2] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. V, cap. 19, vol. 1, pag. 193.26: Allora Ruberto dopo sé nel cavallo lietamente il ricevette; e come cavalcando procedessero, a cotal conte così il lebbroso disse: «Tanto freddo aghiaccia le mie mani, che se nelle tue carni no· lle riscaldo a cavallo non mi potrò tenere».

2.1 Fig. Far gelare, rendere freddo (azione che Amore o la visione dell'amata esercitano sul cuore innamorato del poeta).

[1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), Son. 117.14, pag. 197: Ch'un'ora il die mi fora grande gioia / vedere lei, che m'ha in segnoria, / che meve agghiaccia e fiamma lo core.

[2] Rustico Filippi, XIII sm. (fior.), son. 42.11, pag. 105: Così la pena ch'ho mi mena e caccia, / che mi fa soferir l'amore amaro, / che spesso il giorno il cor m'arde ed aghiaccia. / E non mi manca pena, ched io saccia; / lo mal m'è vile e 'l ben m'è troppo caro: / Amor, merzé, ch'io non so ch'io mi faccia.

[u.r. 15.05.2023; doc. parzialm. aggiorn.]