AHI escl.

0.1 ahi, ai, ài, ay, hai, hay.

0.2 LEI s.v. ai.

0.3 Ritmo cass., XIII in.: 1.

0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.); Distr. Troia, XIII ex. (fior.); Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.).

In testi sett.: Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.); Niccolò de' Scacchi, p. 1369 (ver.).

In testi mediani e merid.: Ritmo cass., XIII in.; Castra, XIII (march.); Detto dei tre morti, XIV pm. (camp.); Poes. an. perug., c. 1350; Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.); Anonimo Rom., Cronica, XIV.

In testi sic.: Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.).

0.5 Locuz. e fras. ahi lasso 1.1; ahi lasso a me 1.1; ahi lasso me 1.1; ahi lasso te 1.2.

0.7 1 Esclamazione lamentosa di dolore; introduce una richiesta o preghiera o un'imprecazione, con sfumatura di biasimo. 1.1 Locuz. escl. Ahi lasso, ahi lasso (a) me. 1.2 Locuz. escl. Ahi lasso te.

0.8 Elena Artale 30.07.1999.

1 Esclamazione lamentosa di dolore; introduce una richiesta o preghiera o un'imprecazione, con sfumatura di biasimo.

[1] Ritmo cass., XIII in., 20, pag. 10: Ajo nova dicta per fegura, / ke da materia no·sse transfegura, / e·ccoll'altra bene s'affegura. / Le fegura desplanare, / ca poi, lo bollo pria mustrare. / † Ai, dumque pentia null'omo fare / [en] questa bita regnare, / deducere, deportare? / Mort'è, non guita gustare, / c'unqua de questa sia pare.

[2] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), [canz.] 13.35, pag. 177: Sovente mi doglio e adiro, / fuggir mi fanno allegrezze; / tuttavia raguardo e miro / le suoe adornate fattezze, / lo bel viso e l'ornamento / e lo dolze parlamento, / occhi, ahi, vaghi e bronde trezze.

[3] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2471, pag. 261: Non vedi tu san' faglia / ch'ogne cosa terrena / porta peccato e pena, / né cosa ci ha sì crera / che non fallisca e pèra? / Or prendi un animale / più forte e che più vale: / dico che 'n poco punto / è disfatto e digiunto. / Ahi om, perché ti vante, / vecchio, mezzano e fante?

[4] Castra, XIII (march.), 24, pag. 917: Quando la fermana tansi 'n costato, / quella mi diede e disse: «Ai! / O tu cret[t]o, dogl[i]uto, crepato, / per lo volto di Dio, mal lo fai, / che di me non puoi aver pur una cica / se [già] non mi prend[ess]i a noscella.

[5] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 10.58, pag. 69: ché non pò far contento / alcuna cosa u' hon non porti amansa, / tuttor sia 'n sua possansa; / e, dov' i porti, già non possa avere, / ai!, che grev'è 'l dolere, / u' solo perda alquanto ad ella vizo!

[6] Distr. Troia, XIII ex. (fior.), pag. 158.10: Ai, re Laomedon, in mala ora uscisti oggi fuori della cittade!

[7] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Luc. L. 2, cap. 9, pag. 97.21: Ahi, Cesare, Cesare, come se' arrabbiato!

[8] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 6, cap. 2, pag. 207.7: Così m'avestù il giorno del dolore Che ttu spengniesti lui, tolta di terra! Perchè mel desti, Singnior mio, cotale, Perchè sì gratioso e ssì cortese, Perchè sì valoroso e pien di buono, Se 'l mi dovevi così tosto torre? Ai! vita mia, come se' disperata, Abandonata da cciò che ben sente, Nemica di salute e di riparo!

[9] Gl Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 25, 1-15, pag. 596, col. 2.2: Da indi in qua, quasi a dire che lla pena ben se segue a cotal peccado ... Ahi, Pistoia. Exclama contra Pestora, mostrando a lei ch'ella no stanza, zoè, ch'ella no ordena, d'ardersi sé stessa, da poi ch'i soi citadini sono cussí pessima somente ....

[10] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 20, pag. 74.13: E sonato che Tristano ebbe, egli gittòe uno grande sospiro, dicendo: - Ahi, sire Iddio, or debbo io morire in tale maniera? - E molto si lamentava Tristano. E lo re avendo ascoltato lo suono e ancora le parole, sìe appella quattro suoi scudieri, e poi gli menò seco alla marina; e mirando, truova come Tristano giaceva in uno ricco letto, ed era già presso allo morire.

[11] Detto dei tre morti, XIV pm. (camp.), 36, pag. 410: «Eo tenïa sparvere, bracchi et livreri, / cavaleri con vallecte iostrante e gintile distrere; / non me valse la vit[a], ai quanto me fa mistere!

[12] Poes. an. perug., c. 1350, 58, pag. 17: Ai quanto sentirai le tristi gieli / per questa giente che tu en te raboschi! / se questo è ver ti pregho non mi cieli.

[13] Passione cod. V.E. 477, XIV m. (castell.), 1521, pag. 79: Ahi morte molto noiosa, / ke se' cusì crudele cosa!

[14] Niccolò de' Scacchi, p. 1369 (ver.), 55, pag. 573: Ay, morte cruda, e terribil iactura, / La cui sevicia già del secol tolse / Tanto lume vitale e ben perfecto...

[15] Boccaccio, Decameron, c. 1370, VIII, 7, pag. 537.1: Dira'gli, qualora egli ti parla più, che io amo molto più lui che egli non ama me, ma che a me si convien di guardar l'onestà mia, sì che io con l'altre donne possa andare a fronte scoperta: di che egli, se così è savio come si dice, mi dee molto più cara avere.» Ahi cattivella, cattivella! ella non sapeva ben, donne mie, che cosa è il mettere in aia con gli scolari.

[16] Ingiurie lucch., 1330-84, 200 (1365), pag. 59.10: - Guelfo ma(r)cio che ci à una brigata di guelfi che no(n) fan(n)o se no(n) leghe (e) septe. - Ai, mulo bastardo. - Tu se' più mulo di me che io tel mosterrò in parecchie modi. - Or bene io tel ricorderò altro.

[17] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 11, pag. 80.16: Parlao e disse allo re che avessi mercede; Arcilasso la donna avea esmattata. Quanno lo re intese che lla reina era morta per le mano de Arcilasso, fu forte dolente e disse: «Ahi Arcilasso, como non te temperasti a tio furore? La mea vittoria era doppia». Puoi fece atti de tristezze sopre la donna.

1.1 Locuz. escl. Ahi lasso, ahi lasso (a) me.

[1] Monte Andrea (ed. Contini), XIII sm. (fior.), tenz. 1, canz. 1.1, pag. 449: Ahi lasso doloroso, più non posso / celar né covrire 'l mortal dolore, / li affanni, li penser c'hanno colore / di lor vertù me dato in ciascun membro.

[2] Bind. d. Scelto (ed. Gozzi), a. 1322 (sen.), cap. 333, pag. 355.5: «Bel sire, dolce bello amico caro [[...]] chi ci manterrà e chi ci aitarà? Sire caro, ben doviamo ogiumai tutti morire di dolore, poi che voi ci avete così abandonati. Hay lasso, come questa morte ci è dura e fiera a vedere! Ché nullo non sa lo grande dampnaggio ch'à oggi questa città ricevuto, ché voi, sire, solamente la difendavate tutta; ma noi saremo ogiumai tutti confusi e morti.

[3] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 2, cap. 5, pag. 130.4: e maggiore pietà prendeva loro della colpa, per la quale egli aveano meritata morte, che della morte medesima. «Ahi lasso! diceva il popolo, come poterono questi sventurati giovani pensare sì grande tradimento, come di tradire la cittade e tutto il paese al re, il quale fu tanto fiero e superbo! in quel medesimo anno che il padre l'ebbe cacciato di Roma, e il paese deliberato di servitudine!»

[4] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 7.9, pag. 154: Me sol tenevi per tuo servo caro: / or hai rivolto il bene in pianto amaro, / veggendo ch'io t'adoro come Dio. / Ahilasso a me!, ben fallo e dico male, / ché 'n te non fu' matt'io a 'namorarmi, / ma pien di grazia ben posso chiamarmi, / ché 'n pregio venni sotto a le tue ale.

[5] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), cap. 21, par. 7, vol. 2, pag. 88.1: Pensanu li devoti ki la benigna matri, per ben ki putissi diri: - Ay lassa mi! Ay dulenti mi! Ki caniu dulurusu esti kistu! Piglu lu figlu di lu piscaturi et perdu lu figlu di lu imperaturi, perdu lu figlu di Deu et piglu per caniu lu figlu di Zebbedeu -, tamen la virgini matri si cunfortau quandu lu figlu santu li parlau, quandu lu figlu santu si disminticau li duluri di la cruchi et arricurdausi di li duluri, di li curati di la virgini matri.

[6] Tristano Veneto, XIV, cap. 592, pag. 545.15: Hai Sagremor, bello et dolce amigo, s'el ve piaxe, aporté-me la mia spadha et lo mio scudho: io la voio veder avanti que l'anima se parte dal corpo». Et puo' disse: «Hai llas!», che plui non dise. Et alora Sagremor, lo qual tanto era dolente che apena che lo cor non li faliva, portà a llui lo scudho et la spadha.

[7] Poes. music., XIV (tosc., ven.), Giovanni madr., 9.7, pag. 17: Ma io dolente quanto più vo innanzo, / ne l'amor di costei più disavanzo. / Ahi lasso a me!, non vuol più annamorarmi / la bianca mano che solea tocarmi.

[8] Francesco di Vannozzo, Rime, XIV sm. (tosc.-ven.), 63.1: Ài lasso me, che tutta notte i' penso / a· luogo dove Amor mi diè di piglio; / poi chiudo un poco gli ochi e poi mi sviglio, / e nel pensar di prima ancor ripenso; / né so però giamai pigliar, con' penso / fra me topino, aiuto ni consiglio; / anci, col sì e col no tanto besbeglio, / che, da lor vinto, perdo ogni mio senso.

1.2 Locuz. escl. Ahi lasso te. || Ma cfr. il testo dell'ediz. Scolari.

[1] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), cap. 92, pag. 186.1: E come lo damigiello disse, cosie lo fecie, e incontanente sie incomincioe a gridare e a dire: «Ai lasso ittee, T. di Cornovaglia! Ora non ti vale lo tuo dormire, inpercioe ch'io t'uccideroe e incontanente. E inperciò ti dico che ttue ti guardi da mee, ch'io ti disfido sì come mio mortale nemico ». || Risulta preferibile lo scioglimento di Scolari, Tristano, p. 184: «e incontanente sie incomincioe a gridare e a dire: - Ai lass'oittee, Tristano di Kornovaglia!», per cui cfr. la nota 5, p. 403: «oittee: «te dolente», rifatto su «oimé», cfr. «oissee» XXXIII 1».

[u.r. 12.04.2006]