ARCIONE s.m.

0.1 arcion, arcione, arcioni, arçon, arçone, arconi, arçoni, arzon, arzone.

0.2 Lat. *arcio (LEI s.v. *arcio).

0.3 Galletto, XIII sm. (pis.): 1.

0.4 In testi tosc.: Galletto, XIII sm. (pis.); Novellino, XIII u.v. (fior.); Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.).

In testi sett.: Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.); Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.).

In testi mediani e merid.: Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.); Gloss. lat.-eugub., XIV sm.

0.5 Locuz. e fras. inforcare gli arcioni 1; tenersi agli arcioni 1.

0.7 1 Sporgenza arcuata della sella, sia anteriore sia posteriore.

0.8 Fabio Romanini 22.09.1999.

1 Sporgenza arcuata della sella, sia anteriore sia posteriore.

[1] Galletto, XIII sm. (pis.), 2.42, pag. 287: Lo meo cor non fa fallo / se da me si diparte / e saglisce in voi al pè; / mai mi confort'a fallo: / non v'ho loco né parte; / e pió c'arcione in alpe / m'ha 'l piè legato e serra, / e poi mi stringe e serra...

[2] Giacomino da Verona, Ierusalem, XIII sm. (ver.), 259, pag. 637: ké li destreri è russi, blanci è li palafrini / e corro plui ke cervi né venti ultramarini, / e li strevi e le selle, li arçoni et an' li frini / è d'or e de smeraldo, splendenti, clari e fini.

[3] Novellino, XIII u.v. (fior.), 42, pag. 224.5: Fece venire un suo destrier sellato e cinghiato bene; li sproni in piedi, mise il piè nella streva, prese l'arcione e, quando fu così ammanato, parlò al conte e disse: «Voi, signor, né metto né traggo»...

[4] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Sal. L. 1, cap. 29, pag. 39.1: Allora Catellina mise mano a una guisarma che pendeva a l'arcione, la quale era arrotata di buona guisa, e ferì Preteio sopra l'elmo...

[5] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 452, pag. 341: Lu Dessideriu impusece l'Anima cecthadina / 'nfra l'unu e l'altru arçone, / singnificatïone / de duy penser beati, / çoè de mal passati / e de futur' paventu.

[6] Fr. Grioni, Santo Stady, a. 1321 (venez.), 538, pag. 63: Al destrier viem sença tardança, / In l'arçon monta richo e bel / Con chavalier pro et ysnel.

[7] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 2, cap. 62, pag. 220.37: Florio, non potendo più sostenere, alzò allora la mano, e diedegli sì gran pugno in su la testa, che quasi cadere lo fece sopra l'arcione della sella tutto stordito...

[8] Bel Gherardino, a. 1375 (tosc.), II, st. 32.4, pag. 129: E la mattina, come apparve il giorno, / e la Fata Bianca vae agli balconi / con molte dame e damigelle intorno, / per vedere quegli che votasse gli arcioni.

[9] Cantare della vendetta, a. 1375 (tosc.), st. 11.5, pag. 75: Così sta Alibruno co· re e' baronj; / e ordinaronsi nel segreto consiglo / d'uscire di fuori trecento baronj, / armati in su destrierj più chiari che gigli, / e cinquecento subito in arcione / [...] / perch'a' trecento dessono buono soccorso, / quando lo stormo fosse aceso e scorso.

[10] A. Pucci, Reina, a. 1388 (fior.), cant. IV, ott. 33.5, pag. 281: Quattro leon legati avíe a l'arcione, / e un'anca, di lor, mordea co' denti; / semila porci all'intorno, con zanne / fuor della bocca piú di quattro spanne.

[11] Gl Gloss. lat.-eugub., XIV sm., pag. 84.5: Hec assis, sis l'arcione.

- Fig.

[12] Alberto della Piagentina, 1322/32 (fior.), L. 4, 1.36, pag. 136: E se guardar per alcuna stagione / L'abbandonata notte ti diletta, / Stando fermo nel tuo vero arcione, / Tu cernerai che tal signor dispetta / I malvagi tiranni riveriti / Dal miser popol ch'a lor solo aspetta, / E di tal patria gli vedrai sbanditi».

[13] Sacchetti, Rime, XIV sm. (fior.), 200.2, pag. 225: Non ti provar più in arme, o paltoniere, / po' che viltà ti giunse ne l'arcione, / sì ch'a la giostra avesti il mellone / come coniglio fuor di conigliere.

- Fras. Tenersi agli arcioni: prestare attenzione.

[14] Fr. da Barberino, Doc. Am., 1314 (tosc.), pt. 2, Proemio, 13, vol. 2, pag. 6: Or ci convien tener meglio agli arcioni / ché 'l suo tractato à stile / alquanto più sottile, / et è men leve / perch'è breve e perché parla non pur a garçoni.

- Fras. Inforcare gli arcioni di qno: dominare, sottomettere (qno).

[15] Dante, Commedia, a. 1321, Purg. c. 6.99, vol. 2, pag. 97: O Alberto tedesco ch'abbandoni / costei ch'è fatta indomita e selvaggia, / e dovresti inforcar li suoi arcioni, / giusto giudicio da le stelle caggia / sovra 'l tuo sangue, e sia novo e aperto, / tal che 'l tuo successor temenza n'aggia!

[u.r. 09.02.2018]