ARRABBIARE v.

0.1 arabbi, arabbia, arabbiai, arabbiando, arabbiata, arabbiati, arabbiato, arabbiava, arabbiò, arabiate, arabiati, arabiato, arabio, araiari, araiatu, araiau, arayari, arayati, arrabbi, arrabbia, arrabbiai, arrabbiamo, arrabbiando, arrabbiano, arrabbiare, arrabbiati, arrabbiato, arrabbiava, arrabbio, arrabbiò, arrabiare, arrabiata, arrabiate, arrabiati, arrabiato, arrabiatu, arraggi, arragiata, arraiatu, arraiavanu, arrayasse, arrayatu, ragiata.

0.2Da rabbia.

0.3 Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.): 2.

0.4 In testi tosc.: Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.).

In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Destr. de Troya, XIV (napol.).

In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.).

0.7 1 [Vet.] Divenire idrofobo, contrarre la malattia della rabbia. 1.1 [Med.] [Rif. all'uomo]. 2 Fig. Comportarsi come un animale rabbioso o un pazzo furioso sotto lo stimolo di un sentimento o di un fortissimo desiderio o di un dolore fisico. Arrabbiare di qsa. 2.1 Assol. Fig. Agitarsi minacciosamente e ferocemente; comportarsi con ferocia. 2.2 Fig. Arrabbiare incontra di qno: imperversare contro, assalire ferocemente. 3 Fig. Impazzire.

0.8 Roberta Manetti 08.01.2000.

1 [Vet.] Divenire idrofobo, contrarre la malattia della rabbia.

[1] Meo dei Tolomei, Rime, XIII/XIV (sen.), D. 1.4, pag. 68: L'altrier sì mi ferio una tal ticca, / ch'andar mi fece a madonna di corsa; / andava e ritornava com'un'orsa / che va arrabbiando e ·lluogo non si ficca.

[2] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 10, pag. 30.32: Ricunta ancora sanctu Gregoriu de kystu sanctu patri, chi una fiata unu cavalerj avia unu soy cavallu, lu qualj araiau, et tornau sì arraiatu, ky multi persunj non lu putianu tinirj; quando kystu cavallu putia scapparj, offendia ad omni pirsunj ky li venia davanti, et in tantu ky cu muczicunj sì le offendia.

[3] Guido da Pisa, Fatti di Enea, XIV pm. (pis.), cap. 18, pag. 33.28: E quinci viene che Ovidio, e gli altri poeti favoleggiano ch'ella diventasse cane. Certo ella non diventò cane realmente, ma arrabbiò per dolore a modo di cane... || Si tratta sempre di Ecuba come negli ess. di 1.1, ma qui il paragone esplicito col cane induce ad attribuire l'occorrenza a 1.

[4] Piero Ubertino da Brescia, p. 1361 (tosc.), pag. 90, col. 2.25-28: Noi diciamo che questo cotale cane più spesse volte arrabbia nelli dì canicunari et alcuna volta di verno, lo quale poi che ffia arabbiato non puote manicare, et se elli vede l'acqua sì lla fuggie et alcuna volta muore dacché elli riguarda l'acqua.

[5] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 42, pag. 295.5: Le bestie arrabbiano quando veggiono una stella che appare a dì ventisette di giugno.

1.1 [Med.] [Rif. all'uomo].

[1] Fazio degli Uberti, Dittamondo, c. 1345-67 (tosc.), L. 5, cap. 22.73, pag. 400: «Non si vuol esser di quest'acqua vago, / disse Solin, per sete che l'uom abbia, / perché quella d'Acon non fa più smago: / però che chi ne bee o ello arrabbia / o che dal sonno egli è sì forte preso, / che come morto il portaresti in gabbia».

2 Fig. Comportarsi come un animale rabbioso o un pazzo furioso sotto lo stimolo di un sentimento o di un fortissimo desiderio o di un dolore fisico. Arrabbiare di qsa.

[1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 7, cap. 3, pag. 433.13: L'empio Furore stando dentro, e seggendo in su l'arme colle mani di dietro legate con cento catene, di furore arrabbia con sanguinosa bocca, perchè fuori non potte uscire.

[2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 65.95, pag. 269: Or ecco, che tu n'abbi parme sì vil guadagno: / demanda l'auro stagno per mustrar sua belleza? / Trovar par che n'arrabbi: e pensa qual fai cagno, / letizia dar per lagno, per povertà riccheza....

[3] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 85.12, pag. 203: E ne la posciai' muta del sonetto / i' vi dirò tutto ciò ch'i' vo' dire, / e chi lo 'ntende sì sie benedetto: / ch'i' dico ch'i' arrabbio di morire / a veder ricco chi dé' esser bretto, / vedendo bretto chi dovrie gioire.

[4] Bart. da San Concordio, 1302/08 (pis.>fior.), dist. 19, cap. 3, par. 11, pag. 325.10: Proprio è di grande animo essere dolce e posato, e le 'ngiurie e le offese sovranamente dispregiare: femminile cosa è arrabbiare nell'ira.

[5] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 47, pag. 101.7: Ma no' siamo tanto dilicati, che noi arrabbiamo incontenente, che ci manca alcuna piccola cosa della nostra volontà.

[6] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), Son. 154.9, pag. 109: Arabio lo dìe e penso la note, / voltandomi, gotono gy linçuoli, / e 'l mio pensero è fuor d'onni spene.

[7] A. Pucci, Libro, 1362 (fior.), cap. 9, pag. 89.11: Mughia, se tu sai». Ond'elli con ferocissimi stridi e modi, arrabbiando morì, e non si poteva stare presso per lo lezzo che ne venia.

[8] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. VII (ii), par. 108, pag. 434.1: e, non potendo l'un dell'altro sofferire i costumi, non solamente per ogni piccola ingiuria ci adiriamo, ma come fiere salvatiche da' cacciatori e da' cani irritate, in pazo e bestial furore trascorriamo, tumultando, gridando e arabbiando.

[9] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 21, pag. 193.11: A la fine, per recipire alcuno solazo inde li suoy doluri, andaosende a delietto a vedere Breseyda, et essendo co ella pregaola, con grande humeletate et effusione de lagreme, che le devesse consentire nante che illo moresse per amore. Ma chella Breseyda, commo a femena che era multo saputa e viciosa de cutale malvastate, davale parole con promessiune collorite e sperlongavale la speranza per lo fare ben stennerire e per lo potere affligere bene inde la soa afflictione e mantenirelo in quillo amore, per chi illo plu arrayasse e accrescesselesse plu grande ardore.

2.1 Assol. Fig. Agitarsi minacciosamente e ferocemente; comportarsi con ferocia.

[1] Lancia, Eneide volg., 1316 (fior.), Libro 2, pag. 179.21: quelli vanno per diritto calle al prete, e in prima due suoi figliuoli picioli divorano; poi lui, fuggiendo, pigliano, e lui insanguinato e fedito, arrabbiando, il lasciano, e alla rôcca di Minerva sotto i piedi le fuggono. || Non è perfettamente chiaro se ad «arrabbiare» siano i serpenti o Laocoonte che si difende disperatamente o si dibatte nell'agonia (nel qual caso l'es. andrebbe ascritto a 2). Non aiuta il confronto con Aen., II, 212-27, date la libertà e la sinteticità della trad.

[2] Angelo di Capua, 1316/37 (mess.), L. 2, pag. 38.19: Appressu vidi eu viniri lu re Agamenon et lu re Menelaus, li quali tucti smaniavanu et arraiavanu taglandu et auchidendu li miseri Truyani; ancora vidi eu la regina Heccuba, mugleri di re Priamu, cum plui di autri chentu donni plangiri amaramenti.

[3] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 2, cap. 27, pag. 163.4: Il popolo comandò che Marco Letorio dedicasse il tempio, non tanto per onore di lui, però che non fu già uomo, a cui sì alta cosa appartenesse, come per odio de' consoli e per loro onta. Allora incominciaro a smuoversi ed arrabbiare l'uno de' consoli ed i Padri dall'una parte, ed il popolo dall'altra; ma il popolo era animoso, e mostravasi più aspro e più fiero nella bisogna che dinanzi.

2.2 Fig. Arrabbiare incontra di qno: imperversare contro, assalire ferocemente.

[1] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 5, cap. 1, vol. 2, pag. 15.18: Di lu quali animu se issi li Cappuani avissiru usatu per lu imperiu di Ruma inscontra di Hannibal, issi non avirianu dunata materia a li crudili seguri oy assuni di araiari incontra d'issi. || Cfr. Val. Max., V, 1, Ext. 5: «truculentis securibus materiem saeviendi non praebuissent».

3 Fig. Impazzire.

[1] Conti morali (ed. Segre), XIII ex. (sen.), 6, pag. 493.8: E colei ch'aveva volontae di mangiarla, la prese senza segnare; e incontenente che l'ebbe mangiata sì arabbiò. E cosie fue engannata, ch'ella fue fuore del senno per lo veneno ch'ella aveva mangiato.

[2] Tristano Ricc., XIII ex. (tosc.), pag. 398.24: La reina Y. morì per amore di T., e così finirono ambendue. Quando lo re Marco conobbe che la reina era morta, a poco ch'elli non arabbiava di duolo. || L'accezione è meno definita che negli altri ess., ma, dato il contesto, pare comunque da interpretare 'impazziva' piuttosto che da considerare in senso fig.

[3] Bind. d. Scelto (ed. Carlesso), a. 1322 (sen.), cap. 517, pag. 553.5: La reina Eccuba fu sì piena di dolore e d'angoscia ch'ella 'scì di suo senno, sì arabbiò in tal maniera che nullo huomo la potea tenere né rifrenare, né per battere né per gasticare.

[4] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), cap. 5, pag. 167.13: e incontanente ebbe una piastra di metallo di Cipri, e sculsevi entro certi caratteri e certe incantagioni e figure secondo la dottrina di quell'arte, e puosela sotto il soglio della casa di quella vergine. E incontanente fatto questo, quella vergine fu sì malamente ferita, e riscaldata d'amore verso questo giovano, che quasi arrabbiando si levava di capo ogni cosa, chiamando il nome di costui, come pazza, perciocché l'era intrato uno demonio addosso, lo quale le faceva fare queste cose.

[5] Chiose Selmiane, 1321/37 (sen.), cap. 30, pag. 150.3: E per le dette cose la reina Echuba impaççò e arrabbiò, e così rabbiosa andava per Troia mordendo le genti, come cani; e' Greci la llapidaro e chon le pietre l'uccisero.

[u.r. 10.09.2008]