AUGURARE v.

0.1 agura, agurando, agurandoglisi, agurano, agurare, agurarono, agurarsi, agurato, agurava, augura, augurar, augurare, auguro, aurà .

0.2 Lat. augurare (LEI s.v. augurare).

0.3 Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.): 1.

0.4 In testi tosc.: Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.); Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.).

In testi sett.: Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.); Arte Am. Ovid. (D), XIV pm. (ven.).

0.6 N Doc. esaustiva.

0.7 1 Presso i Romani ed altre popolazioni antiche, esercitare pratiche divinatorie attraverso l'osservazione del volo degli uccelli e l'interpretazione del loro canto. 1.1 Estens. Trarre auspici o pronostici da un fenomeno naturale, da un avvenimento o attraverso un oggetto; predire, vaticinare. 2 Esprimere un desiderio o una previsione per sé o per altri; confidare nella realizzazione di un avvenimento futuro. 3 Compiere la cerimonia dell'inaugurazione. 4 Sost. Predizione.

0.8 Linda Pagnotta 10.03.2000.

1 Presso i Romani ed altre popolazioni antiche, esercitare pratiche divinatorie attraverso l'osservazione del volo degli uccelli e l'interpretazione del loro canto.

[1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 3, cap. 22, pag. 177.9: Contra i quali Papirio console con le sue osti mandato, con ciò fosse cosa che per gl'indovini, agurando vane cose, gli fosse contradetta la battaglia, facendosi di loro beffe, così fece benavventuratamente la battaglia, come fermamente di neuna cosa dubitando; perchè nella detta battaglia fuoro de' nemici dodici migliaia d'uomini morti, e presi tremilia.

1.1 Estens. Trarre auspici o pronostici da un fenomeno naturale, da un avvenimento o attraverso un oggetto; predire, vaticinare.

[1] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 18.102, vol. 3, pag. 304: Poi, come nel percuoter d'i ciocchi arsi / surgono innumerabili faville, / onde li stolti sogliono agurarsi, / resurger parver quindi più di mille / luci e salir, qual assai e qual poco, / sì come 'l sol che l'accende sortille; / e quïetata ciascuna in suo loco, / la testa e 'l collo d'un'aguglia vidi / rappresentare a quel distinto foco.

[2] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 18, 94-108, pag. 415, col. 2.9: Qui adduxe per exempio sí come multi stulti stano a pe' del fogo e fregano su l'arso di çocchi, per la quale fregadura molte faville appare, ed elli s'agurano: 'cotanti agnelli, cotanti porcelli, cotanti fiorini d'oro' e cussí passano tempo…

[3] Ottimo, Par., a. 1334 (fior.), c. 18, pag. 422.2: Dice, che come quando l'uomo percuote uno tizzone di fuoco arso, e quindi si escono molte faville, onde li sciocchi si sogliono agurare, cioè dire cotante castella, o case, o cittadi avessi io, quante faville usciranno di questo tizzone arso.

[4] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 7, pag. 230.8: Riportate ora voi al re vostro i miei comandamenti, e dite a lui che a me è una figliuola, la quale i responsi della patria e più segni del cielo non lassano accompagnare a uomo di nostra gente: questo dicono rimanere in Italia, dovere venire generi di nuove parti, e quali col sangue suo lievino alle stelle il nome nostro; costui essere colui il quale domandano i fati, e penso e desidero, se alcuna cosa del vero la mente augura.

[5] Bibbia (01), XIV-XV (tosc.), Gen. 44, vol. 1, pag. 228.13: Lo nappo, che voi avete involato, si è quello con lo quale beve lo signore mio, e nel quale suole augurare; pessima cosa avete fatta.

2 Esprimere un desiderio o una previsione per sé o per altri; confidare nella realizzazione di un avvenimento futuro.

[1] Jacopo Alighieri, Inf., 1322 (fior.), cap. 29, pag. 144.23: e veggendo il detto re tutta la gente, cioè il popolo della terra, morire, agli Dii lamentandosene più volte s'indusse, tra li cui prieghi alcuna volta veggendo molte formiche sopra alcuno arbore, in uomini agurandoglisi questo così fece; di che gli Dii incontanente sua voglia seguiro. Onde per cotal modo il suo morto popolo ristorato di seme di formiche riebbe, la cui allegoria per più brevità nella memoria si ritenga.

[2] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), Son. 64.13, pag. 59: Çascuna nel core à questo peccato, / che sempre so[l] pensa modo e via, / chi pyù li serve pyù sïa befato, / et onni dìe novitate voria, / unde y' m'auguro spesso sumo stato, / che, s'i' no mora, tute l'ocidria.

[3] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), Son. 346.11, pag. 216: Cusì madonna a sua vogla mi tene, / che 'l ben mi va dintorno e no mi tocha, / poy s'eo m'auguro el male, pur el vene; / unde quasi non saprey dire a boccha / cossa che m'alegrasse sol un flore, / se ver' mi non si muta el duro core.

[4] Fazio degli Uberti, Rime pol., c. 1335-p. 1355 (tosc.), [1335] 5.11, pag. 31: E se non bastan queste / tante bestemmie o tanta rea ventura, / tante ten vengan, quante Ovidio agura / contra Ibim e se più ne fur mai.

[5] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 11, pag. 374.8: Tu dici che nulla salute è nella guerra. Cotali cose folle augura al capo d'Enea e alle cose tue.

[6] Boccaccio, Ameto, 1341-42, cap. 40, par. 6, pag. 822.24: Le quali cose Ameto mirando con maraviglia, ancora con diritto vedere le cose delli iddii non vedendo, per sé agurava la rimirata punga; e insieme attento con quelle donne a quello che i vittoriosi cigni dovessero fare, subita nuova luce videro uscire del cielo.

[7] Arte Am. Ovid. (D), XIV pm. (ven.), L. I, pag. 485.11: Io auguro: tu vencerai e io renderò votivi versi, e serai da fir sonado da nui cum grande boca; tu starai e confortarai la schiera cum le mie parole.

[8] Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.), L. 6, cap. 18, pag. 125.2: Nel quale poi che i visi di tutti convertiti furono, con rumore e con favore incontanente agurarono dovere essere felice e fausto lo 'mperio.

[9] Sacchetti, Rime, XIV sm. (fior.), 73.12, pag. 75: Fece già di sua figlia Briaruga / il buon padre tebano aver franchezza, / quando si vide che la mortal luga / toccò di morsanal la sua vecchiezza; / né tanto fu ancor di Sinaguga / Falcas e Simergina per bianchezza / costretto di sentir l'alta cadruga, / dove pescando givan a la rezza, / quanto ne' versi vostri si calura / quel dolce suon che da la terra prisca / mosse Caliopè con gran rancura, / ond'io non so veder quel che m'agura; / se lo 'nteletto in me già non perisca / diventerò o Glauco o Panindura.

3 Compiere la cerimonia dell'inaugurazione.

[1] Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.), L. 7, cap. 8, pag. 205.15: Così primieramente fu creato dalla plebe massimo curione C. Mamilio Vitulo. P. Licinio pontefice massimo contro a suo volere costrinse Valerio Flacco d'augurare flamine diale. Creato de' decemviri in fare le cose sacre in luogo Q. Muzio Scevola morto, C. Lettorio. La cagione d'inaugurare il creato flamine volentieri avrei taciuta, se non l'avesse di mala fama convertita in buona…

4 Sost. Predizione.

[1] Canzoniere del sec. XIV, a. 1369 (tosc.occ.), 8.45, pag. 21: Io vorrei ben che 'l mio augurar grave / fusse da verità al tucto lontano, / perch'io non sono strano / da te, ansi del tuo seme disceso...

[u.r. 29.03.2018]