AVARIZIA s.f.

0.1 avarezza, avariça, avaricia, avariçia, avarisia, avariti', avaritia, avaritie, avarizia, âvarizia, avarizie, avarizza.

0.2 Lat. avaritia (LEI s.v. avaritia).

0.3 Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.): 1.

0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.); Lett. sen., XIII u.v.; Bestiario toscano, XIII ex. (pis.); Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.); Lucidario lucch., XIII/XIV; Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.); Lett. volt., 1348-53; Stat.prat., 1335-75.

In testi sett.: Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.); Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Sermoni subalpini, XIII (franco-piem.); Disticha Catonis venez., XIII; Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.).

In testi mediani e merid.: Miracole de Roma, XIII m. (rom.); Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.); Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.): Stat. perug., 1342; Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Stat. cass., XIV; Destr. de Troya, XIV (napol.).

In testi sic.: Formula di confessione sic., XIII; Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.); Simone da Lentini, 1358 (sirac.).

0.6 A Doc. fior., 1291-1300: Rinaldo Avarizia; cfr. inoltre Boccaccio, Decameron, c. 1370, I, 8, pag. 60.24: «Per la qual cosa, e meritamente, gli era de' Grimaldi caduto il sopranome e solamente messere Erminio Avarizia era da tutti chiamato».

N Il termine ha, nei secoli XIII e XIV, una densità semantica oggi perduta; più che una semplice oscillazione tra gli odierni 'cupidigia' e 'tirchieria', esso racchiude spesso entrambi i concetti. Secondo la definizione aristotelica del quarto libro dell'Etica Nicomachea (diffusasi in versione latina nella prima metà del '200), accolta dalla dottrina tomistica, il vizio di avarizia consiste in un duplice eccesso: «quia vero avaritia est superfluus amor habendi divitias, in duobus excedit; primo enim superabundat in retinendo [...], secundo ad avaritiam pertinet superabundare in accipiendo» (San Tommaso, Summa theol. II, ii, 118).

Il vizio aristotelico si innestò nella riflessione teologica mediev., che per lo più sovrapponeva avaritia e cupiditas e che con la dottrina gregoriana ne aveva sancito l'inclusione tra i sette peccati capitali (e si ricordi che già San Paolo aveva scritto - nell'Ep. I ad Tim., VI, 10 - che «radix omnium malorum est cupiditas»). A completare il quadro concorre infine la tradizione lat. del beneficium (facente capo essenzialmente a Cicerone e a Seneca), già motivo guida di tanta lirica d'Oltralpe, che biasima avarizia in quanto impedimento all'elargizione e carica così il vizio di ulteriori implicazioni.

Alla luce di tutto ciò, la distinzione qui effettuata tra 1 e 2 non separa nettamente i suddetti concetti di 'cupidigia' e 'tirchieria', ma isola in 2 quei casi indicanti per certo la sola fase retentiva di avarizia, mantenendo sotto 1 quelli in cui essa è compresente con l'eccesso in accipiendo.

0.7 1 Cupidigia, smodato desiderio di possesso (di beni materiali, ricchezze o onori). [Nella teologia medievale:] uno dei sette peccati capitali, consistente in un eccessivo attaccamento ai beni temporali. 1.1 Nell'etica aristotelica, vizio consistente in un uso smodato degli averi (specie del denaro), eccedendo sia nell'acquisizione che nella conservazione degli stessi. 1.2 [Personificazione del vizio (o peccato)]. 1.3 Plur. Forme e/o manifestazioni di avidità. 2 Caratteristica di chi tende ad accumulare ricchezze ed è restio a donare o a spendere; risparmio eccessivo, tirchieria. 2.1 [In opposizione alle qualità cortesi].

0.8 Elena Artale 27.02.2001.

1 Cupidigia, smodato desiderio di possesso (di beni materiali, ricchezze o onori). [Nella teologia medievale:] uno dei sette peccati capitali, consistente in un eccessivo attaccamento ai beni temporali.

[1] Uguccione da Lodi, Libro, XIII in. (crem.), 130, pag. 604: Avaricia en 'sto segolo abunda e desmesura, / tradhiment et engano, avolteri e soçura: / çamai no fo la çente sì falsa ni sperçura, / qe de l'ovra de Deu unca no mete cura, / del magno Re de gloria qe sta sopra l'altura, / Quel per cui se mantien ognunca creatura.

[2] Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.), 16 (62), pag. 242.7: (E) i(n)p(er)çò no è da curare d(e)le riccheçe te(m)porale, cha tute le cose vanno via s'el no è amare Deo; (e) speciale m(en)te a noi clerici che d(e)vemo essere (con)tenti d(e) pascem(en)to (e) vestim(en)to no è licito intendere ad avaricia p(er) caxone d'alcuno guadagno, façando al nostro p(ro)ximo quello che no voravemo ch'altro fesse a noi.

[3] Pseudo-Uguccione, Istoria, XIII pm. (lomb.), 1364, pag. 71: Quelo qe falsa la iustisia / Per cubitança d'avarisia, / Per gola de l'aver del mondo, / Quelui serà metud al fondo / Del pessimo fuogo eternal, / Çamai no ensirà de mal.

[4] Miracole de Roma, XIII m. (rom.), 34, pag. 578.20: Et quelli doctori et sapientissimi, ad li quali tutte le cose ke deveano venire sì li erano nude et aperte, li quali non volzero fare la memoria loro de alcuno metallo pro la malitia et avaritia ke inverraco li abitatori de Roma, et ke la memoria loro se vastasse et rompesse.

[5] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 47.4: e questo fa per assennamento di quatro vertudi, ciò sono prudenzia, iustizia, fortitudo e temperanza, e per divieto de' vizi, ciò sono superbia, invidia, ira, avarizia, gula e luxuria; e così dimostra etica che sia da tenere e che da lasciare per vivere virtuosamente.

[6] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 3, cap. 11, pag. 219.5: Ne l'amistà dell'avaro e dello stolto non si converta l'amore tuo; perciò che, (conciosiacosachè l'avarizia, secondo l'Apostolo, sia radicie di tutti mali), neun bene può nasciere dell'avaro; però che l'avaro neuna cosa fa dritta se non quando muore.

[7] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio rose cum viola, 58, pag. 79: Tu he a casa toa officio de rapina, / Orgoio e avaritia te fa star sor la spina; / Ma eo sto mansüeta, comuna e agnellina: / La zent ke 'm vol acoie con grand honor m'agina».

[8] Questioni filosofiche, p. 1298 (tosc. sud-or.), L. V, pt. 4, pag. 150.8: ongne altro peccato àe in sé alcuna utilità in apparentia, overo delectatione, da fuore la invidia, como superbia, vanagloria àne appetito d'onore, furto (et) avaritia àne appetito d'avere, luxuria (et) gola [à] appetito de delectare, ira à appetito de diventicare...

[9] Sermoni subalpini, XIII (franco-piem.), 21, pag. 276.12: E si lo temptè per avaricia, quant el lo levè en un munt qui era munt alt, e si li mostrè tuit li regnai e le riquisie del munt, e si li dis: Hec omnia tibi dabo, si cadens adoraveris me.

[10] Disticha Catonis venez., XIII, L. 2, par.19.5, pag. 61: Fuçeràs la luxuria, / Seate recordamento / Inse[m]brementre / A scivar / Lo pecad de la avarisia; / El è contrario / A la nomenança.

[11] Formula di confessione sic., XIII, pag. 301.41: Diku mia kulpa, spitzialimenti in koalunka modu hagiu pikkat(u) i lli setti pikkat(i) murtal(i), superbia, inbbidia, ira, atzidia, avarizia, gul(a), e llissuria, e ttutti l'altri chi dischenddunu da kuisti.

[12] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 3, pag. 70.29: Ed en quel tempo venne gran discordia fra li gentili e grandi romani e 'l popolo. E questa discordia aveano messa doi consoli per superbia e per avaritia e per voluntà de signoria.

[13] Bestiario toscano, XIII ex. (pis.), cap. 17, pag. 38.6: Questo serpente si è simigliato a una qualitade de gente che sono piene d'avaritia e di cupiditade che non puono mente al ditto d'alcuno buono predicatore...

[14] Lucidario lucch., XIII/XIV, pag. 46.11: Lo secondo fue inobediens[a], quando elli trapasòe lo comandamento del nostro signore. Lo terso fue avarisia, quando elli disidirò piùe ch'el nostro signore no lli avea octoliato.

[15] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 1, pag. 4.2: Il digiuno è contro al vizio de la carne, a macerare tutti i carnali vizii, potremmo dire a modo che ssi spegne il fuoco traendone le legne; la elemosina è contrario al vizio de l'avarizia; l'orazione è contraria al vizio de la superbia.

[16] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 39.132, pag. 247: Zo è la soperbia maor, / chi per si sora vor onor, / tegnando li aotri sote pe': / e questa pu despiaxe a De'. / L'atra è avaricia meschina / d'aver tesoro per rapina / la quar asea sì lo cor / che ansitae zà mae no mor.

[17] Cecco d'Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 2, cap. 13.1550, pag. 221: Ogni peccato invecchia negli umani: / Pur l'avarizia tien le verdi fronde / E più nel tempo dei capelli cani. / Opposto è questo vizio a largitate / Che sparse tanto nella nella vita l'onde / Ch'io veggo disdegnare la pietate.

[18] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 1, 49-54, pag. 23, col. 1.2: Questa mi porse. Zoè la lupa, che figura l'avaricia la qual lo vencía sí che quaxe perdea onne speranza.

[19] Bosone da Gubbio, Capit., c. 1328 (eugub.), 26, pag. 377: Et la lupa c'avendo ognor vuol piue / fu l'avaritia, che, per mantenere / hom la sua facoltà, il fa giacer giue.

[20] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 111.2, pag. 86: Chi se deleta nel mondo di fama, / [re]guardesi molto da l'avaricia, / ch'el'è radiçe di tuta malicia, / vergogna e blasemo de chi la brama...

[21] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 13.1, pag. 94: Offerse povertate l'avarizia; / Divizia desidrando tutto perse.

[22] Bosone da Gubbio, Avv. Cic., a. 1333 (eugub.>fior.), Proemio, osservazioni, pag. 69.13: Questo tocco qui, imperciocchè la signoria de' Franceschi era con superbia e con avarizia; con soperchio di lussuria, e ogni giustizia si vendeano per loro...

[23] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 521.10: Questo grandissimo tesauro per l'avarizia del mondo e per la cupiditade, la qual'è madre di tutti li mali, molti grandi e potenti lo volsero provare d'avere, ma per gli forti incantamenti in luogo di tesauri riceveano morte finale.

[24] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 2, pag. 611.9: L'avarizia ti tormenta e fatti faticare: ragunando sempre cose da perire e da venir meno; e non pare che tutto 'l mondo ti debba bastare.

[25] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 1, cap. 9, pag. 26.10: Exìu lu episcupu et gictaulj chillj dinarj allu sinu de chillu soy neputi, et dixellj: 'Ecco chi tu ày lj toy dinarj, ma sachi per certu ky, poy de mj, in chista ecclesia tu non seray episcupu, per la avaricia tua'.

[26] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 4, cap. 3, vol. 1, pag. 162.16: cussì appi lu sou animu remotu da gni avaricia oy guadagnu...

[27] Lett. volt., 1348-53, pag. 209.2: E questo non per avaricia nè per fare despiacere e dampno a messer N., ma sì per nostra conscientia e devere, non potendo nè dovendo lasare obligato esso podere altramente chome s'è gli altri da Paurano...

[28] Cost. Egid., 1357 (umbro-romagn.), L. II, cap. 31, pag. 597.29: La cecità de l'avaricia e l'improbità della cupidità da fir dampnata, in tanto ha occupato li animi d'alcuni già se fa dì passati, che 'l grano, l'orço e le altre biave, grassia e molta victualia, de le quale li habitatori de la provincia doveanno menare la vita sua, fora de essa provincia e fora de le fine de quella ànno portato e tracto...

[29] Simone da Lentini, 1358 (sirac.), cap. 21, pag. 97.7: Chistu Bettumen, checatu di avaricia et obliatu di la fidi chi fichi a lu conti Rugeri di gubernari la chitati di Cathania fidelimenti, consentiu et ordinau unu certu iornu chi illu vinissi... || Cfr. Malaterra, III, XXX: «paganus vero nominis sui competens imitator, avaritia coecatus, fidei sacramentorumque, quae comiti dederat, oblitus...».

[30] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 820, pag. 186: Ad quatro et cinque solli io ci vidi li anelli; / Delli panni non dicovi, ca foro cari velli. / La gente fo mancata et l'avaritia cresciuta: / Dannunca era femena che dote avesse avuta, / Da l'omo che plu potea chiesa era et petuta...

[31] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 1, pag. 95.16: D., avendo alegoricamente figurati quisti doi vitii, cioè luxuria e superbia, l'uno in figura d'una leonza e l'altro d'un leone, adesso mostra essere impedito dal vitio de l'avaritia, lo quale figura in una lupa che li aparve carca de tute brame in la sua magreza e fé già molte gente vivere grame.

[32] Antonio da Ferrara, XIV s. e t.q. (tosc.-padano), 70.138, pag. 349: Cussì dé fare chi vole segnorezare / e oguagliare la balanza: / cum core e cum lianza fare iusticia, / e guardarse da primicia / ch'avaricia porta.

[33] Stat. prat., 1335-75, cap. 23, pag. 649.3: Di coloro che non pagano i denari de' mesi e dell'altre spese ordinate. Capitolo ... Conciosiacosaché avaritia è capo delli altri vitii, non volliamo che vitiosi sieno di questa compagnia.

[34] Atrovare del vivo e del morto, a. 1375 (emil.), III, st. 31.3, pag. 170: A questa pena sì è gran tormento, / qui stano tuti li avari: / per avaricia fano adunamento / e coimento d'oro et ariento; / el povero vene e sì ge fa lamento: / nudo lo descaçano soperbamente...

[35] Poes. music., XIV (tosc., ven.), [BarPad] ball. 22.2, pag. 259: Strinze la man ogn'uon con fa chi salta. / Questo procede sol per avarizia, / ch'abraccia gli uomin per aver divizia, / per la qual molti càder ne la malta.

[36] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 9, pag. 49.3: E avenno la mente più a l'avarizia che alla pietate, iettao nello trave de mieso dello tetto, sopra lo sio grano, uno capestro e là, in mieso dello sio grano, se appese per la canna.

[37] Stat. cass., XIV, pag. 123.12: S(et) i(n)nellu p(re)czu de quesse cose, no(n) sia data loco <la avaricia> a lo peccato de la avaricia, s(et) sempremay sia dato pro manco che da li altri seculari se pote dare, "czò che i(n) tutte cose sia laudato Dio".

[38] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 1, pag. 50.22: E plu fiate alcune cavalleruse et usate persune et ardite, da diversi parte de lo mundo, per mundana cupiditate de avaritia, la quale èy matre de omne male, sì nce andaro per l'acquistare e a la fine, no nce potendeno resistere per la impugnatione dell'arte, tutti nce foro morti. || G. Colonne, Hist. dest. Tr., pag. 7: «huius enim thesauri cumulum per mundanam ingluviem et avaricie cupiditatem, que omnium malorum est mater...».

[39] Sam Gregorio in vorgà , XIV sm. (lig.), L. 1, cap. 9, pag. 98.7: Unde incontenente insando da la çexa, sì li çità in scoxo a so nevò furioso preve Costancio e diseli: «Eca che tu ài li dinai che tu demandi; ma certo sei che depoe la morte mea tu non sarai vesco, per la toa avaricia, de questa çexa».

[40] Codice dei Servi, XIV sm. (ferr.), 3, pag. 220.10: Qui començano i sete peccai mortali. I sete peccai mortali sì è quisti: superbia, invidia, avaricia, gola, accidia, vanagloria et luxuria.

1.1 Nell'etica aristotelica, vizio consistente in un uso smodato degli averi (specie del denaro), eccedendo sia nell'acquisizione che nella conservazione degli stessi. || Insieme all'opposto vizio di prodigalità, è corretto dalla virtù di liberalità (o larghezza).

[1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2754, pag. 270: Ma colui c'ha divizia / sì cade in avarizia, / ché l'avere non spende / e già l'altrui non rende, / anz'ha paura forte / ch'anzi che vegna a morte / l'aver gli vegna meno, / e pu· ristringe freno. / Così rapisce e fura, / e dà mala misura / e peso frodolente / e novero fallente...

[2] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 17, pag. 53.16: E perciò che elli avviene che l'uomo fallisce in fare ispese convenevoli, sì come quelli che è avaro, e avviene che l'uomo fa ispese troppo grandi, sì come quelli che è folle largo, e' conviene avere una virtù mezzana infra avarizia e folle larghezza, e quella virtù è chiamata larghezza e liberalità .

[3] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 14, pag. 17.17: E se le richeçe è meçane, quela vertude che ê si dreça ben l'omo è dita liberalitade, la quale à .IJ.. extremitade viciose: la una è prodigalitade, l'altra è avaricia.

[4] Ugo Panziera, Trattati, a. 1330 (tosc.occ.), 1, cap. 1, pag. 2v.18: ma non fanno habiti se non per privatione delle virtù: e sono fra loro alcuni contrarii. Onde exemplo havemo dell'avaritia e della prodigalitade.

[5] Cavalca, Specchio de' peccati, c. 1340 (pis.), cap. 1, pag. 7.18: Nel secondo luogo dico, che l'uomo pecca amando con troppa concupiscenzia questi beni temporali e visibili; e questo peccato comunemente si chiama avarizia, la quale ha due parti, cioè concupiscenzia e desiderio di troppo avere, e tenacità e troppo desiderio in possedere.

[6] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. VII (ii), par. 56, pag. 421.31: E, secondo la sentenzia d'Aristotile nel IIII dell'Etica, l'avarizia è difetto di dare ove si conviene e soperchio volere quello che non si conviene.

1.2 [Personificazione del vizio (o peccato)].

[1] Pietro da Bescapè, 1274 (lomb.), 319, pag. 38: La quarta ancella si apella avaritia: / Una de le ree ke in questo mundo sia. / De tuti li mai ela par radixe / Segondo quelo ke Salamon dixe.

[2] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 24, pag. 45.21: Lo 'mperadore ha nome Superbia; e li sette re che son sotto lui sono sette Vizî principali che nascon e vengon da lui, e son questi: Vanagloria, Invidia, Ira, Tristizia, Avarizia, Gula, Lussuria.

[3] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 13.10, pag. 44: L'Avarizia pensosa ècce, verme che non posa: / tutta la mente s'ha rósa, 'n tante cose l'ha occopata! / De serpente e de dragone la Gola fa gran boccone; / e ià non pensa la rascione de lo scotto a la levata.

[4] Lett. sen., XIII u.v., pag. 50.20: Invidia el corpo consuma et l'anima spoglia; Avaritia, neuna cosa è più pessima.

[5] Giostra virtù e vizi, XIII ex. (march.), 133, pag. 328: Loco stay la Avaritia cum omne Iniquitate / et Inpetu de male, / Ira, Dolu e Discordia e ficta Caritate / et lu Vitiu carnale, / Ebrïança et Ingluvia, prava Crudelitate, / Mactecça sença sale, / la Inobbedïentia con falsa Humilitate: / tucte stay inn- un casale.

1.3 Plur. Forme e/o manifestazioni di avidità.

[1] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 56.6: I membri di questa bestia si mostrano già ne' principi malvagi, che per lor grandi cupiditadi e avarizie scorticano e mangiano lor suggetti, sicchè i buoni uomini che sono sotto loro hanno assai a sofferire, e di gran fortune e dasagi hanno sovente.

[2] Ottimo (sec. red.), a. 1340 (fior.), Inf. 1, pag. 350.16: per questi tre peccati la terça parte dell'umana generaçione è caduta a perdictione e a morte. Di questo altresì dice Isaia: Dal minore al maggiore, dal profeta al sacerdote tutte l'avaritie si ramuovono.

[3] Stat. perug., 1342, L. 2, cap. 70, par. 1, vol. 1, pag. 472.11: Per l'avaritie e pigritie degl chierce overo degl laice segnore de le cose emphyteotiche contra gl'enfiteote e gl'altre le cose emphyteotiche...

[4] Dom. Scolari, c. 1360 (perug.), 137, pag. 13: Qual povertà qual sinplezza amanta / qual ira dei suoi bene che vede structi / qual desioso a veder giente tanta. / Alquanti son da lor parenti inducti / per dolose losinge et avaritie / ma i più da vana gloria son conducti.

1.3.1 Estens. Atti (vituperevoli) commessi per cupidigia.

[1] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 17.103, pag. 114: in però che da il cor vengon gli mali / pensier, che le miserie a far provocca, / come humicidi et de simile tali, / adulterii, fornicare et furti / con falsi testimoni a questi uguali, / avaritie, nequitie par sé adurti...

2 Caratteristica di chi tende ad accumulare ricchezze ed è restio a donare o a spendere; risparmio eccessivo, tirchieria.

[1] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 5, pag. 12.23: Mamone vuol esser dall'uomo servito di due cose, cioè di cupidità e d'avarizia. Di cupidità vuol esser servito, perché vuole che l'uomo sia cúpido di guadagnare, acciò che rauni molte ricchezze; d'avarizia vuol esser servito, acciò che le ricchezze guadagnate strettamente conservi e ritenga.

[2] Giovanni Villani (ed. Porta), a. 1348 (fior.), L. VII, cap. 59, vol. 1, pag. 353.9: e 'l detto calif mise in pregione nella camera del suo tesoro medesimo, la quale era la più ricca d'oro e d'argento e di pietre preziose che fosse al mondo, e per avarizia non avea soldati, cavalieri, e genti a sua difenzione.

[3] Doc. fior., 1311-50, 2 [1328], pag. 626.28: E però siate avisati, e caglavi di noi et di voi medesimi con ogni solicitudine e astutia a cessarci da ogni spesa. E questo non si dice per avaritia, non si dice per non volerci mettere in fino alla vita, ma solamente per la inpossibilità [[...]] a ffare...

2.1 [In opposizione alle qualità cortesi].

[1] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 2.15, pag. 14: Lingua ch'è di parlare molto imbiadata / perde semenza e genera malizza; / sovente grana loglio in sua ricolta: / chi non vuole pregio non ha nominata, / ed omo largo non ama avarizza; / l'onesto schifa lo pecar talvolta...

[2] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), canz. 8.27, pag. 88: Qual ommo è di ricore bene altero, / trovasi amici, parenti, serviziali: / al suo piacere sono tanti (e quali!) / quanti ne sa voler, pur ched ei cheda. / Sed e' nonn à avarizia e misertà, / (Onor lo guida!) à di sé libertà: / nominanza bon, a[h], di llui fa frutto!

[3] Tavola ritonda, XIV pm. (fior.), cap. 33, pag. 119.5: Sicchè, con verità si può dire, che messer Tristano ebbe in sè prodezza sanza viltà e sanza inganno, amore sanza invidia, larghezza e cortesia sanza avarizia e sanza villania.

- Avere l'avarizia in bando / dare all'avarizia bando.

[4] Folgóre, Mesi, c. 1309 (sang.), 10.14, pag. 415: e l'un all'altro tuttavia donando, / e possasi rubare e non contendere; / quando con altra gente rincontrando, / le vostre borse sempre aconce a spendere, / e tutti abbiate l'avarizia in bando.

[5] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 24, terz. 62, vol. 2, pag. 7: Facevan corte di mangiare, e bere, / andavan per la Terra convitando / le Donne, e' Cavalieri a tal mistiere, / con più ragion di stormenti sonando, / e due mesi durò sì fatta festa, / avendo dato all'avarizia bando.

[u.r. 30.03.2018]