CALLOSO agg.

0.1 callosa, callose, callosi, calloso, gallusa, galluso, gallusu. cfr. (0.6 N) cullusa.

0.2 DELI 2 s.v. callo (lat. callosum).

0.3 Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.): 1.

0.4 In testi tosc.: Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.); Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.); F Cavalca, Pungilingua, a. 1342 (pis.); Bindo di Cione, 1355 (sen.).

In testi mediani e merid.: Mascalcia L. Rusio volg., XIV ex. (sab.).

In testi sic.: Mascalcia G. Ruffo volg., a. 1368 (sic.).

0.6 N Andrà fatta risalire a questo lemma la forma cullusa in Mascalcia G. Ruffo volg., a. 1368 (sic.), pag. 574.36: «naxi carni dura e cullusa», evidente errore (dell'editore? del copista?) per callusa: cfr. in 1 [5] un'espressione analoga in Mascalcia L. Rusio volg., XIV ex. (sab.).

0.7 1 Pieno di calli (di mano o piede); ispessito e indurito da un callo (di pelle o carne, anche di animali). 1.1 Fig. Che non ha percezione sensoriale. 2 [Dell'acino d'uva e della sua consistenza:] duro, coriaceo.

0.8 Elena Artale 11.09.2001.

1 Pieno di calli (di mano o piede); ispessito e indurito da un callo (di pelle o carne, anche di animali).

[1] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 16, cap. 21, par. 4, pag. 381.3: «Il correr per li monti alle giovani e alle dilicate ingrossa i piedi e falgli cresciere; e 'l molto andare attorno, eziandio per città, gli fa callosi e rozzi: l'andar soave e 'l calzar assettato gli reducie a bella forma».

[2] Sacchetti, La battaglia, 1353 (fior.), III, ott. 8.3, pag. 41: e quale a pié con un forcon da stalla / di gran valor combatter intendea; / gli portator con la callosa spalla / con grandi urli seguon tal ginea...

[3] Bindo di Cione, 1355 (sen.), 12.105, pag. 106: Vedi duo scogli, Fabrizio e Metello: / vedi le man callose, per l'arare, / di Attilio consolare, / ch'abattè triunfando tante schiere.

[4] Mascalcia G. Ruffo volg., a. 1368 (sic.), Di li naturali..., pag. 576.11: Ma alcuni fiati naxi lu cavallu cun dui cordi, quandu cun l'unu occhu blancu e l'altru nigru, e naxili adossu grandi superfluitati di carni gallusa.

[5] Mascalcia L. Rusio volg., XIV ex. (sab.), cap. 40, pag. 165.21: de sucta allu freno le plage delli denti se salla, et p(er) quello assiduamente usandolo carne callosa et dura, dapoi in delle plaghe se genera. || Cfr. Lorenzo Rusio, De cura equor., XL: «carnes callosae ac durae in posterum in vulneribus generantur».

- [Quale epiteto della mano del contadino, in dittol. col sinon. rozzo].

[6] Sacchetti, Trecentonovelle, XIV sm. (fior.), 195, pag. 493.22: e 'l contadino narrato di sopra, lavorando ne' campi appiè di quello, ebbe sentito e' sonagli, e accostandosi quasi per scede, e mostrando la callosa e rozza mano, con uno allettare assai disusato, lo sparviero gli venne in mano.

1.1 Fig. Che non ha percezione sensoriale.

[1] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 78, pag. 206.1: E lo 'nfermo misero non osa però bere il vino temperato colla neve, [[...]], portando seco i focolarj del ferro là, dove i segnori vanno a mangiare, acciocchè la vivanda de' ghiottoni non si rafreddi, e al palato già calloso, non si dea alcuna cosa, se non ben calda. || Cfr. Sen., Ep., IX, 78, 23: «ne quid palato iam calloso parum ferveat».

1.1.1 Fig. [Della coscienza:] insensibile (al rimorso).

[1] F Cavalca, Pungilingua, a. 1342 (pis.): sono alcuni di cuori sì di pietra, e di sì dura, e callosa coscienza, che possono fare che male, che vogliono sfacciatamente, senza vergogna, e rimorso di coscienza. || Bottari, Pungilingua, p. 39.

2 [Dell'acino d'uva e della sua consistenza:] duro, coriaceo.

[1] Palladio volg., XIV pm. (tosc.), L. 3, cap. 9, pag. 87.27: Ma è manifesto, che veggiamo, che l'uve grandi, e belle, e che hanno gli acini callosi ed asciutti, si recano alla mensa. E quelle che sono vinose molto, ed hanno il cuoio tenero, [[...]], veggiamo, che si serbano per vino. || Cfr. Palladio, Op. Agr., III, 9: «sed notum est maiores uvas pulchrae speciei, grani callosi et siccioris ad mensam».

[2] Palladio volg., XIV pm. (tosc.), L. 10, cap. 17, pag. 244.14: L'uve, che volem serbare, coglierem salde, e non maculate d'acerbitade, nè troppo scorse di maturezza: ma quelle ch'hanno l'acino lucido, e chiaro, e 'l tocco calloso, e con diletto... || Cfr. Palladio, Op. Agr., X, 17: «et tactus cum molli iocunditate callosus».

[u.r. 09.09.2010]