CIANCIA s.f.

0.1 çança, çanççe, çance, çançe, çançi, çancie, ciance, ciancia, ciancie, zanza, zanze.

0.2 Voce onom. (DELI 2 s.v. ciancia).

0.3 Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.): 1.3.

0.4 In testi tosc.: Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.); Fiore, XIII u.q. (fior.); Cenne de la Chitarra, XIII ex.-a. 1336 (aret.); Stat. volt., 1348.

In testi sett.: Poes. an. ven., XIV in. (2); Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311; Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.).

In testi mediani e merid.: Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.); Pietro di m. Angelo, XIV m. (perug.); Destr. de Troya, XIV (napol.).

0.5 Locuz. e fras. a non dir ciancia 1.1; essere tenuto a ciancia 2.1; fare ciance di 1.2; farsi ciancia di 1.2; fuor di ciancia 1.1; mettere in ciancia 2.1; prendere a ciancia 2.1; senza ciancia 1.1; tenere a ciancia 2.1.

0.7 1 Discorso di scarsa importanza ed utilità, chiacchiera; vanteria sciocca e infondata, fandonia; promessa vana, scusa. 1.1 Locuz. avv. A non dir ciancia, fuor di ciancia, senza ciancia: a dire il vero, senza raccontar fandonie. 1.2 Beffa (anche benevola), burla; scherzo, celia; scherno. Fras. Farsi ciancia di (qno), fare ciance di (qno): prendersi gioco, beffare; deridere. 1.3 Chiacchiera malevola volta a danneggiare o a ingannare; invenzione; menzogna; falsa accusa, diffamazione. 1.4 Diceria sul conto di qno o su di un avvenimento, favola. 2 Oggetto o faccenda di poco valore, sciocchezza, bagattella. 2.1 Fras. Mettere in ciancia; prendere a ciancia; tenere a ciancia: prendere alla leggera, sottovalutare. [Anche pass.:] fras. Essere tenuto a ciancia: essere tenuto a vile, essere disprezzato. 3 Plur. Parole o atti lusinghieri, tenerezze, smancerie. 3.1 [Con rif. alla dottrina amorosa di Andrea Cappellano:] Ciance d'amore: l'insieme degli atti del corteggiamento.

0.8 Rossella Mosti 03.09.2002.

1 Discorso di scarsa importanza ed utilità, chiacchiera; vanteria sciocca e infondata, fandonia; promessa vana, scusa.

[1] Fiore, XIII u.q. (fior.), 105.5, pag. 212: Ad agio vo' star più che 'l re di Francia: / Ché gli altrù' fatti so' tutti una ciancia / Verso de' mie', che son mastro divino / E le cose sacrete m'indovino / E tutto 'l mondo peso a mia bilancia.

[2] Anonimo Genovese (ed. Cocito), a. 1311, 136.173, pag. 550: No seguir, no creí zanze / de van amixi ni parenti.

[3] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 29.110, vol. 3, pag. 487: Non disse Cristo al suo primo convento: / 'Andate, e predicate al mondo ciance'; / ma diede lor verace fondamento...

[4] Cecco d'Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 4, cap. 12.4685, pag. 399: Lascio le ciance e torno su nel vero.

[5] Ant. da Tempo, Rime (ed. Grion), 1332 (tosc.-padov.), 10.17, pag. 90: E molte çancie s'odono parlando, / Che sono tute vanaglorïose / A di quellor che così disputando / Spesso vanno.

[6] Cenne de la Chitarra, XIII ex.-a. 1336 (aret.), 6.11, pag. 427: altri villan poi facendovi mance / di cipolle porrate e di marroni, / usando in questo gran gavazze e ciance...

[7] Stat. volt., 1348, cap. 12, pag. 25.20: E quando e frategli sono adunati a la messa, a la predica o a disciplina non ne stieno a ciancie, nè in buffe nè vagabundi cogli ochi guardando l'uno l'altro o insieme parlare, ma silentio tenere...

[8] Pietro di m. Angelo, XIV m. (perug.), 7, pag. 43: e nello empirio ciel intrar devesmo / e possederlo con ben mille don, / e mantenerle in ciance d'Almeón, / e come buon destrier forte curresmo! || 'mantenere (scil. i mille don) con parole e promesse varie' (Varanini, p. 44, n. 7).

[9] Cicerchia, Passione, 1364 (sen.), ott. 45.1, pag. 320: Cotà' parole non li parbon ciance, / ma fecerlo con gran doglia languire: / parieli aver nel cor colpi di lance...

[10] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.292, pag. 184: «Credi, compagno, ch'i toy Bolognesi / non sono più presti de prender lor dardi / contra costor, come furon Luchesi / che si mostraron con çanççe gagliardi; / ma con ducati credo, caro frate, / che s'aitaranno da queste brigate».

[11] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 10.196, pag. 71: Abi fidança, / figliol, che d'i pecà toi te foe necto». / A quegli ch'era intorno gli par çança, / et cominciaro gli pharasei et scribi / con il suo cogitar novella dança: / «Quale è costue - dicevan per lor tribi - / che qui tra noi parla tal blasteme?

- [Con valore interiettivo:] e non fu ciancia: e non fu una frottola, e fu una cosa vera! E non l'avere a ciancia: e non la ritenere una frottola, credici!

[12] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 37, argumento, 3, vol. 2, pag. 144: De' Neri, e Bianchi, e poi del Re di Francia, / della compagna, che per forza prese / il Ducato d'Atene, e non fu ciancia, / e come i Fiorentini, e' Lucchesi / fer oste insieme addosso a' Pistolesi.

[13] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 50.157, terz. 52, vol. 3, pag. 61: e ben fu così vero, / ch'appresso morì il Papa, e 'l Re di Francia, / come udirai, per modo accidentale; / nota Lettore, e non lo avere a ciancia; / ch'essendo ad una caccia, ed un cinghiale / gli diede nella gamba del cavallo, / e fel cadere, e morì di quel male.

1.1 Locuz. avv. A non dir ciancia, fuor di ciancia, senza ciancia: a dire il vero, senza raccontar fandonie.

[1] ? Poes. an. ven., XIV in. (2), 12, pag. 230: Sì malamente era dur' ed antica, / che quanti coltellacci è de qui 'n Franza / non avrebbe ... / e tal me de' la gita senza zanza / perché 'n corpo men misi una mollica, / che be· llo ... mai la belleça.

[2] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 30, terz. 60, vol. 2, pag. 73: Nel dett'anno ancor per calen di Maggio / Filippo il Bello, allotta Re di Francia, / disfar mostrando chi prestava a gaggio, / fece di notte prender sanza ciancia / del suo Reame tutti gl'Italiani, / e di pecunia diè lor mala mancia.

[3] A. Pucci, Madonna Lionessa, a. 1388 (fior.), ott. 3.6, pag. 215: onde si mosse, molto ben fornito, / con semilia tedeschi, a non dir ciancia.

[4] Gid. da Sommacamp., Tratt., XIV sm. (ver.), cap. 13, par. 14, comp. 78.14, pag. 178: «Vacillando non va la mente mia / ma, per vero pensero e fuor de çança, / tu vederay venir in Lombardia / con grande stuolo di baron de França / l'alto sir de Cussì, con tale furore / che molta giente metterà in dolore».

1.2 Beffa (anche benevola), burla; scherzo, celia; scherno. Fras. Farsi ciancia di (qno), fare ciance di (qno): prendersi gioco, beffare; deridere.

[1] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 108.4, pag. 226: Quando Ner Picciolin tornò di Francia / era sì caldo de' molti fiorini, / che li uomini li pareano topolini, / e di ciascun si facea beff'e ciancia.

[2] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 18, pag. 36.26: Non credere, ch'i' ti comandi, che tu facci come fanno alcuni, che per ischifiltà di lussuria ricoverano in una piccola casellina, e mangiano un pochetto di pan grosso, e dormono in un poverissimo letto, e cuopronsi con un grosso panno, e tutto questo fanno per beffe, e per ciance, ma tu il farai da dovero, e di certo.

[3] Boccaccio, Decameron, c. 1370, II, 1, pag. 76.13: Come! non era costui attratto?» A' quali il fiorentin rispose: «Non piaccia a Dio! Egli è stato sempre diritto come qualunque è l'un di noi, ma sa meglio che altro uomo, come voi avete potuto vedere, far queste ciance di contraffarsi in qualunque forma vuole.»

[4] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 13.38, pag. 86: Venite de tratto / a riposarvi nel loco deserto, / arquanto avanti ch'io fornissa altro acto». / Molti de quegli che fue lì sì in erto, / fenno deregione et de lue çançe, / né il spatio del magnar gli eran sofferto.

1.3 Chiacchiera malevola volta a danneggiare o a ingannare; invenzione; menzogna; falsa accusa, diffamazione.

[1] Ruggieri Apugliese (ed. Contini), XIII m. (sen.), 2.79, pag. 894: Doppie so fare e bilance, / concio denti, af[a]ito guance, / so' buferi et uso ciance, / cedro vendo e mele arance / e fo cassette.

[2] Orso Orsini, XIII ex. (rom.>tosc./sett.), 10, pag. 366: Non è mercantia che voia zance / e fermo so' de questa opinione: / ch'aletto sia dove so' li santi / chi tene la iustitia che no ma(n)chi.

[3] Boccaccio, Decameron, c. 1370, IV, 10, pag. 318.26: così costui a costei mostrava che il giacere con una donna una volta si penava a ristorar non so quanti dì, e simili ciance...

[4] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 40.283, pag. 281: «Non audi tu quanto questi lavora / contra di te et fae testimoniançe, / dicendo ognun come gli parve alora?». / Né nulla non rispuoxe a queste çançe, / per che il se amirava cui lìe era.

- Ciancia della lingua: chiacchiera, pettegolezzo.

[5] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 31, pag. 150.33: [12] Et chi metesse zù la vregogna del mondo per amor de Cristo e no se curasse çance de le lengue façendo ovre honeste, amando la virtae e per amor de Cristo e de le soe parole se metesse a rexego de fir morto e scanao, chomo la mala femena se mete a tuti hi perigoli per amor del peccao e no teme vregonçça, serave amao da Criste chomo la Magdalenna.

1.3.1 Giro di parole, ambage.

[1] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. III, pag. 339.15: Che giova amaestrare ravolgimenti e ciance e tenere piccoli amaestramenti, conciosia che il guardiano tu il possa comperare con piccolissimo dono?

1.4 Diceria sul conto di qno o su di un avvenimento, favola.

[1] Intelligenza (ed. Berisso), XIII/XIV (tosc.), 127.4, pag. 53: Il ponte stava a la nave appoggiato / e stavanvi sù buoni assalitori: / i colpi che ssi davan d'ogni lato / d'Orlando ciance usaro i cantadori.

[2] Boccaccio, Esposizioni, 1373-74, c. XVI, par. 73, pag. 703.8: come che essi dicano lor ciance d'una reina chiamata Livia, la qual non si truova che fosse in rerum natura, e da quella dicono essere stata prima edificata la città.

2 Oggetto o faccenda di poco valore, sciocchezza, bagattella.

[1] Jacopo della Lana, Purg., 1324-28 (bologn.), c. 19, 127-138, pag. 392, col. 1.13: Neque nubent, ecc.; cioè che in quel stado delle anime dopo la resurrezione no serrà matrimonio, né no si mançerà, né beverà, ma tutti li boni serano im Paradiso, çoè a vedere la divinità, e in quella felicità romarano eternalmente, sí che li soi corpi serano glorificadi, e no averano besogno di queste çance, ch'hano in la prima vitta.

[2] Boccaccio, Decameron, c. 1370, IX, 5, pag. 610.4: faccendosi talvolta dare, sì come domandato dalla sua donna, quando un pettine d'avorio e quando una borsa e quando un coltellino e cotali ciance...

[3] Leggenda Aurea, XIV sm. (fior.), cap. 119, S. Agostino, vol. 3, pag. 1049.16: O Jesù Cristo, aiutatore mio, come m'è subitamente fatto soave a mancare de le soavità de le ciancie mie, e quelle dond'io avea paura di perdere, già avea letizia di lasciarle.

2.1 Fras. Mettere in ciancia; prendere a ciancia; tenere a ciancia: prendere alla leggera, sottovalutare. [Anche pass.:] fras. Essere tenuto a ciancia: essere tenuto a vile, essere disprezzato.

[1] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 5.64, vol. 3, pag. 73: Non prendan li mortali il voto a ciancia; / siate fedeli, e a ciò far non bieci, / come Ieptè a la sua prima mancia...

[2] Bosone da Gubbio, Spir. Santo, p. 1345 (eugub.), 120, pag. 119: Faccias' il Papa unito con l'Impero / e pona giù la virtù de la lancia / usi le chiave che lasciò San Piero, / et impona silentio al Re di Francia / sì che se pose col Re d'Inghilterra / che non è cosa da mettere in ciancia.

[3] Piero Alighieri, 1364 (fior.), Non si può dir, 64, pag. 51: A nno' mo cristian vivi / da' rege sanza posse e leggi vane, / dicho lo 'nperador ch' à fuor le mane / della sua spada e della sua bilancia: / è tenuto piú a ciancia / che non fu mai 'l cioccho dalle rani, / da tucte genti vicini, lontani...

[4] Fazio degli Uberti, Dittamondo, c. 1345-67 (tosc.), L. 2, cap. 30.97, pag. 176: Non de' il signor tener le 'mprese a ciancia, / ma seguitarle in sino a la radice / col senno, con la borsa e con la lancia...

[5] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 26, terz. 67, vol. 2, pag. 29: E lo Re Pier, ch'aveva d'una lancia / nel viso ricevuta una fedita / alla sconfitta, e tenevala a ciancia, / prima che fosse saldata, o guarita, / prese con una donna tal diletto, / che di Novembre uscì di questa vita.

3 Plur. Parole o atti lusinghieri, tenerezze, smancerie.

[1] Boccaccio, Corbaccio, 1354-55, parr. 241-50, pag. 78.14: Né si vergognano le membra, i capelli e 'l viso con cotanto studio fatti belli, le corone, le ghirlande leggiadre, i velluti, i drappi a oro e tanti ornamenti, tanti vezzi, tante ciance, tanta morbidezza sottomettere, porgere e lasciar trattare alle mani paralitiche, alla bocca sdentata e bavosa e fetida...

[2] Petrarca, Trionfi, 1351(?)-74, T. Cupidinis II.50, pag. 197: Poco dinançi a lei vedi Sampsone, / Vie più forte che saggio, che per ciance / In grembo a la nemica il capo pone.

[3] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 7, pag. 105.32: et a la fine cessando plu de plangere, venendo la sera, Paris la ordenao de fare servire magnificamente, non manco de zanze e de careze che de civanza preciosa ad habundancia. || Cfr. G. Colonne, Hist. dest. Tr., p. 78: «Et adveniente sero Paris eidem studuit deseruire non minus blandiciis quam preciosis cibariis habundanter».

3.1 [Con rif. alla dottrina amorosa di Andrea Cappellano:] Ciance d'amore: l'insieme degli atti del corteggiamento.

[1] Andrea Cappellano volg. (ed. Ruffini), XIV in. (fior.), L. I, cap. 18, pag. 191.7: Anche dico più: che ciò che fanno gli amanti è solo la loro intenzione, acciò che possano usare lo sollazzo della parte di sotto, perché vi si compie tutto l'effetto dell'amore, a la quale si muovono tutti gli amanti principalmente, e sanza ciò non si giudica ch'abiano nulla, se non aliquante cianced'amore. || Cfr. De amore, I, 18: «et sine eo nil nisi quaedam amoris iudicantur habere praeludia».

[u.r. 08.06.2018]