0.1 çança, çançar, çançe, ccianciar, ciançare, cianci, ciancia, cianciando, cianciandosi, cianciante, cianciar, cianciare, cianciarono, cianciasse, cianciato, cianza, zanci, zanza, zanzar, zanzi, zanzo.
0.2 Da ciancia.
0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 1.3.
0.4 In testi tosc.: Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.); Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.); Simintendi, a. 1333 (prat.); Gramm. lat.-aret., XIV m.; Cicerchia, Passione, 1364 (sen.); Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.).
In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Lio Mazor, 1312-14 (venez.).
In testi mediani e merid.: Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.).
0.7 1 Parlare molto e di cose frivole; parlare con leggerezza; raccontar fandonie. 1.1 Sost. Il far discorsi inconcludenti, vaneggiamento. 1.2 Comportarsi in modo leggero, burlare. [Con valenza pos.:] scherzare bonariamente; giocare, sollazzarsi con (qno). [Con valenza neg.:] prendersi gioco, beffarsi di (qsa o qno); schernire; ingannare. 1.3 Far chiacchiere malevole, biasimare. 2 Sost. Insieme degli atti lusinghieri, vezzo; leggiadria, grazia. 3 Parlare rumoreggiando, gridare.
0.8 Rossella Mosti 04.09.2002.
1 Parlare molto e di cose frivole; parlare con leggerezza; raccontar fandonie.
[1] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 2, cap. 8.28, pag. 62: Elgli è scritto, che breve oratione / È quella che 'l Cielo passa; / Folle èe chi dunqua in pur cianciar s'allassa.
[2] Fr. da Barberino, Regg., 1318-20 (tosc.), pt. 16, cap. 5, par. 51.3, pag. 361: Non ti lasso il confessore. / S'el ti vuol parlar d'amore / O ccianciar d'altro con teco / Che di quel perchè stai seco: / Mai no· lli venir più presso...
[3] Cecco d'Ascoli, Acerba, a. 1327 (tosc./ascol.), L. 4, cap. 6.4053, pag. 364: E gli elementi, dico, un corpo fanno. / Chi dice che la luce è corpo, ciancia.
[4] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 18.138, pag. 124: Anco a Çuanne fessi nova dança / sol per sapere il vero, et eo ve dico / che il testimonio mëo qui no(n) çança.
[5] Sacchetti, Rime, XIV sm. (fior.), 159.371, pag. 161: Ciancetta mia, che nuova ciancia cianci, / certi seran che ti terran ciarliera; / altri diran che dir più si porria.
1.1 Sost. Il far discorsi inconcludenti, vaneggiamento.
[1] Contr. madre e figlia, XIV (fior.), 4, pag. 16: «Madre, che pensi tu fare / che marito non mi dai? / Credemi tu sempremai / tenere in questo cianciare? / Se tosto nonn ò marito, / madre, non sia tua credenza / che di stare a tal partito / i' n'aggia più sofferenza.
1.2 Comportarsi in modo leggero, burlare. [Con valenza pos.:] scherzare bonariamente; giocare, sollazzarsi con (qno). [Con valenza neg.:] prendersi gioco, beffarsi di (qsa o qno); schernire; ingannare.
[1] Jacopone (ed. Contini), XIII ui.di. (tod.), 24.14, pag. 147: Tutto 'l dì sto a cianciare, co le donne beffare; / si fratello gli avarda, è mandato a la malta.
[2] Pistole di Seneca, a. 1325? (fior.), 48, pag. 102.43: Colui, con cu' tu ti cianci, teme. Soccorrilo. || Cfr. Sen., Ep., V, 48, 8: «Hic cum quo ludis timet: succurre...».
[3] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 3, vol. 1, pag. 140.9: Come Aceste dice a Penteo, come Bacco mutò gli compagni suoi in pesci. Allora lo dio cianciante, sì come pur allotta si fosse avveduto dello inganno, ragguarda il mare dalla ripiegata nave... || Cfr. Ov., Met., III, 650: «Tum deus illudens...».
[4] Gl Gramm. lat.-aret., XIV m., pag. 40, col. 1.2: Pernugor, ris, per ciançare.
[5] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 9, cap. 97, vol. 2, pag. 425.15: avendo il conte e ' figliuoli desinato insieme di buona voglia, e stando gran pezza a ssollazzare insieme, e ito il conte a dormire, e poi ritornato a festeggiare co· lloro, e stando a vedere loro giuochi, un fedele del conte, fante assai pregiato e fidatissimo a llui, lo prese di dietro; il conte pensando cianciasse, com'era usato, niuno riparo prese, e un altro intanto sopragiunse che lli levò il coltello dal lato, e atandolo a l'altro tenere lo gittarono in terra...
[6] Cicerchia, Passione, 1364 (sen.), ott. 205.7, pag. 360: Un cavalier crudel di le' si ciancia: / ferì 'l costato a Iesù d'una lancia.
[7] Boccaccio, Decameron, c. 1370, X, 6, pag. 663.13: Questi pesci su per la mensa guizzavano, di che il re aveva maraviglioso piacere; e similmente egli prendendo di questi alle giovani cortesemente gli gittava indietro, e così per alquanto spazio cianciarono...
[8] Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 12, 100-114, pag. 337.40: Questo Dionisio ebbe a vile non solamente li uomini; ma li dii, secondo che pone Valerio, libro primo capitolo De neglecta religione, dicendo che a Locri spogliò lo tempio di Proserpina di tutti adornamenti e poi navicando et avendo bellissimo tempo cianciandosi del suo sacrilegio, disse a quelli ch'erano con lui: Vedete quanta buona navigagione si dà dalli idii alli sacrilegi? Sacrilego e qualunque toglie le cose date a Dio.
[9] Francesco di Vannozzo, Rime, XIV sm. (tosc.-ven.), [1386] 145.30: Ciascuna porta en resta - la suo lanza; / chi treppa e chi zanza, / chi mena tresca e danza - e va cantando; / così, zuogo zugando, - fuoro al bosco, / con tempo fosco - tenebroso e brutto.
[10] Buccio d'Aldobr., XIV ui.di. (tosc./orviet.), 59, pag. 439: e ella era vestita / curta da chi a le natiche, / d'una gonella sola senza maniche / tutta quanta spezzata e deriscita. / Pensai con lei zanzar, bef[f]ar, rid[d]are; / ma non trovai de potermi assettare.
1.3 Far chiacchiere malevole, biasimare.
[1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 82, pag. 563: sì pud lo so çançar q'el no cala de dir. / Li catif qe l'ascolta se pensa, e sta muti, / q'el dis mal d'un de lor e po 'l dirà de tuti, / e guarda l'un a l'autro, qe diga q'el tasese, / e nigun se n'embriga, q'el tem qe no i nosesse...
2 Sost. Insieme degli atti lusinghieri, vezzo; leggiadria, grazia.
[1] Boccaccio, Rime, a. 1375, pt. I, 2.3, pag. 4: All'ombra di mill'arbori fronzuti, / in abito leggiadro e gentilesco, / con gli occhi vaghi e col cianciar donnesco / lacci tendea, da lei prima tessuti / de' suoi biondi capei crespi e soluti / al vento lieve, in prato verde e fresco, / una angiolella...
3 Parlare rumoreggiando, gridare.
[1] Lio Mazor, 1312-14 (venez.), pag. 30.13: e' digo che lo dito Marcolin se tençonava cum Marco Catelà et cum Marin da l' Os, mei cunpagnun, et e' me ço[n]çej là et dis: que çançe tu? et Marcolin me respos et dis a mi: que çançe tu, bestia?
[2] Francesco di Vannozzo, Rime, XIV sm. (tosc.-ven.), 148.142: «Dè, vatene a letto - vinazza!» / «Tal minaza, - ch'à paura! / Io non ò cura - de tuo gridare: / che credi tu fare?» / «Ve' te co' gli è brusco! / Tirati quel palusco - giù del viso!» / «Tu senti da biso, - per san Martino!» / «Superbo picolino, - che pur zanzi?» / «Dè, fatti 'nanzi, - tu che se' sì grande!».
[u.r. 16.03.2009]