0.1 chivu, cib, ciba, cibba, cibbo, cibe, cibi, cibo, cibora, cibu, cibura, civi, civj, civo, civora, civu, zibo.
0.2 Lat. cibus (DELI 2 s.v. cibo).
0.3 Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.): 1.
0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); Restoro d'Arezzo, 1282 (aret.); Bestiario toscano, XIII ex. (pis.); Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.); Stat. sen., 1305; Simintendi, a. 1333 (prat.); Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.); Stat. lucch., XIV pm.
In testi sett.: Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Cronica deli imperadori, 1301 (venez.); Belcalzer (ed. Ghinassi), 1299/1309 (mant.); Paolino Minorita, 1313/15 (venez.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Sam Gregorio in vorgà , XIV sm. (lig.).
In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Regimen Sanitatis, XIII (napol.); Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.); Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.); Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.); Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.); Anonimo Rom., Cronica, XIV; Stat. cass., XIV; Stat. castell., XIV sm.; Mascalcia L. Rusio volg., XIV ex. (sab.).
In testi sic.: Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.); Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.).
0.7 1 Ciò che mangiano o possono mangiare uomini e animali per nutrirsi. 1.1 Estens. Nutrimento in genere (di corpi diversi dagli animali). 1.2 [In contesti fig.:] il cibo di Crasso: l'oro; i cibi del monaco: i piaceri del sesso. 2 Atto del nutrirsi quotidianamente; pasto. 3 Desiderio di mangiare; appetito, fame. 4 Fig. Nutrimento spirituale. 4.1 [Con rif. a Dio stesso]. 4.2 [Con rif. all'eucaristia]. 5 Fig. Contenuto di un testo da meditare e interpretare.
0.8 Sara Sarti 30.10.2003.
1 Ciò che mangiano o possono mangiare uomini e animali per nutrirsi.
[1] Guido Faba, Parl., c. 1243 (bologn.), 23 (84), pag. 246.25: Le toe vare e grise scì è cenere, sacchi e cilici, li toi cibi sono legome bistiale...
[2] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 19.19: Et là dove dice che viveano come fiere intendo che mangiavano carne cruda, erbe crude et altri cibi come le fiere.
[3] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De falsis excusationibus, 123, pag. 181: Ponem ke tu haviss sedhe e fuss ben famolento, / E fuss metudho a mensa pur de pan muffolento / E d'aqua ke foss turbida senza altro condimento, / E tu te 'n deviss pasce mangiand per grand talento: / Se quand tu fuss sadollo haviss intendemento / D'aver un grand regname sot to destrenzimento, / No 't farav mal del cibo e no fariss lomento, / Ma te 'n sadolarissi per forza e per talento.
[4] Restoro d'Arezzo, 1282 (aret.), L. II, dist. 6, pt. 3, cap. 4, pag. 157.9: emperciò che li animali non pono èssare senza le plante, emperciò che le plante so' cibo e pasto de li animali.
[5] Meo Abbracc., Lett. in prosa, a. 1294 (pist.>pis.), 31, pag. 365.12: Mo', sostenendo verità conosciensa e bono dezìo, sono costretto a desiderare per ragione; unde conforto che 'l sano di voi gusto sosterrà lo mio amaro cibo...
[6] Poes. an. urbin., XIII, 21.57, pag. 584: Vo vanïando e nno trovo reposo, / so' tucto pigro et accidïoso, / non trovo cibo sì saporoso / ke sia simillante al Tuo sancto sapore.
[7] Regimen Sanitatis, XIII (napol.), 106, pag. 566: li cibi fridi et humidi sun buoni e la friscura; / però consigllo a chi llo pote fare / in chisto tiempo de non caminare.
[8] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 3.58, pag. 11: «Or ecco pranzo ornato de delettoso pane, / nero, duro, azemo, che non rósera 'l cane! / Non lo posso enghiuttire, sì rio sapor me sane! / Altro cibo me dàne, si me vòi sostentare».
[9] Bestiario toscano, XIII ex. (pis.), cap. 74, pag. 86.23: Quando aviene che [[il leopardo e la lonza]] prendeno alcuno venenoso cibo, curase e purgase collo stercho del homo...
[10] Cronica deli imperadori, 1301 (venez.), pag. 180.31: De cibo e de vino in ogni tempo e luogho lu era disordinado...
[11] Stat. sen., 1305, cap. 46 rubr., pag. 62.19: Che li frati e li servidori sì de le inferme come de li infermi procurino di dare a li infermi cibi li quali li sieno utili...
[12] Belcalzer (ed. Ghinassi), 1299/1309 (mant.), Tavola generale, pag. 34.7: Ancora del cib.
[13] Armannino, Fiorita (12), p. 1325 (abruzz.), pag. 511.16: Ancor quivi stanno coloro che mai in loro vita altro cibo non volsaro mangiare se non quello che per suo dilecto s'aleggia...
[14] Buccio di Ranallo, S. Caterina, 1330 (aquil.), 947, pag. 386, col. 2: E poy fo imprescionata / la vergene biata / in carcere obscurata; / dudici dì vi stecte / che civo no vedecte.
[15] Simintendi, a. 1333 (prat.), L. 1, vol. 1, pag. 8.17: La terra, sanza essere lavorata, o fedita da vomeri, per se medesima dava tutte le cose: e li uomini, contenti de' cibi creati sanza essere costretti, coglievano i frutti delli arbori...
[16] Mazz. Bell., Storia (ed. Gorra), 1333 (pist.), pag. 456.11: Paris si studiò di farla servire sì di lusinghevoli parole come di dilicati cibi.
[17] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. I, cap. 5, pag. 620.2: non dando giammai alle loro corpora consolazione di veruno diletto, né di veruno buono cibo...
[18] Giovanni Campulu, 1302/37 (mess.), L. 2, cap. 1, pag. 40.4: e kyllj chi li portavanu alcuna substentationi di chivu, rechipìanu da ipsu informatione e civj de vita spiritualj.
[19] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 2, cap. 2, vol. 1, pag. 75.13: ca da lu intuttu issu rimossi da lu exercitu tutti quilli qui fannu lu malcucinatu et diffisi que non se facissi per vindiri nullu civu cottu.
[20] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 8, pag. 37.2: e fa besogno alargar la centura e son oppressi e fian premui forte da gli so' molti cibi e no pòn ben anssar né haver lo fiò...
[21] Stat. lucch., XIV pm., pag. 78.10: Et li cibi delli 'nfermi saranno in questo modo: ciò è dalla Pasqua infini adla festa di sam Michele carne di polli et d'altri uccelli...
[22] San Brendano ven., XIV, pag. 182.11: e si è in questa isola stado ben LXX ani per far penetenzia e no à manzado alguna cosa de zibo za se fase XL ani, nì abudo alguna vestimenta indoso.
[23] Anonimo Rom., Cronica, XIV, cap. 9, pag. 59.10: Invitaolo ad uno solenne convito de diverzi civi delicati e buoni...
[24] Stat. cass., XIV, pag. 62.26: <La manducare lu de li cibi> S(et) <solo> deve manducare solo quilla cosa la qual è data ad isso, <et la hora> (et) la mensura (et) la hora quale appararay a l'abbate, tale le sia dato.
[25] Sam Gregorio in vorgà , XIV sm. (lig.), L. 2, cap. 1, pag. 114.25: Or spanda[n]dose lo so nome e la fama per la contrâ, començà a esse' monto visitao da alcunne bone persone de la contrâ, le quae adugandoli cibi corporai reportavanne alimenti e cibi spirituai de monto santa dotrina ch'elo ge dava.
[26] Legg. sacre Mgl. XXXVIII.110, XIV sm. (sett.), 17, pag. 61.33: Quando i crescevan un poco de qui a ch'i erano in soa mane, ella i nodrigava de cibi comuni e grossi sì como i devesseno andare alò a stare en religione.
[27] Mascalcia L. Rusio volg., XIV ex. (sab.), cap. 24, pag. 152.17: Ma lu cibo tenero ligieramente se dessolgie, unde lu cavallo nutricato de cibi teneri et ligieri trovase debele de forçe.
- Pigliare, prendere, togliere, usare (il)cibo.
[28] Bono Giamboni, Vegezio, a. 1292 (fior.), L. 1, cap. 3, pag. 9.9: usi in prima il lavorare, correre, portare pesi, e sostenere la polvere, ed il sole, e poco cibo e da villani usi...
[29] Bono Giamboni, Vegezio, a. 1292 (fior.), L. 1, cap. 16, pag. 23.9: Il gittare le pietre colle fonde in prima trovano i primaj abitatori dell'isole chiamate Baleari, e dicesi che l'usaro sì saviamente che le madri a' loro figliuoli piccoli neuno cibo lasciavano pigliare, se non quello che colla pietra della fonda aveano veduto fedire.
[30] Bono Giamboni, Vegezio, a. 1292 (fior.), L. 3, cap. 11, pag. 110.19: Ne' tempi passati usanza fue menare a battaglia i cavalieri che poco cibo hanno preso...
[31] Paolino Minorita, 1313/15 (venez.), cap. 13, pag. 16.2: L'altra è [astinentia], per la qual l'omo usa el cibo sì co el de' segondo raxon.
[32] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 40.71, pag. 276: Et prexentato a lue co(n) gra(n) rumore, / non intraron però demtro dal soglio / per non contaminar il suo furore, / anco perché quelle gente de orgoglio / pottesse ne la pasqua tore il cibbo, / come se scrive ne l'antico foglio.
- Dare in, per cibo.
[33] Zucchero, Santà , 1310 (fior.), Pt. 3, cap. 6, pag. 171.27: La polvere sua data in cibo vale contra fluxo di sangue mestruo e contra fluxo di ventre.
[34] Dino Compagni, Cronica, 1310-12 (fior.), L. 1.26, pag. 154.13: in tanto che davano la carne per cibo, e lasciavansi tagliare le membra per recare alla terra vittuaglia, e a tanto si condussono, che altro che pane non mangiavano fino all'ultimo dì.
- Prendere in, per cibo; togliere in cibo.
[35] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), Vita di Paolo, cap. 1, pag. 88.5: l'uno de' quali [[dei due monaci]] già per trenta anni rinchiuso stando, solamente la domenica, e il giovedì prende in suo cibo pane d'orzo e cacio...
[36] Cavalca, Vite eremiti, 1321-30 (pis.>fior.), Vita di Paolo, cap. 1, pag. 88.9: ogni dì prende per suo cibo cinque fichi secchi, e non più.
[37] Bibbia (01), XIV-XV (tosc.), Lv 11, vol. 1, pag. 505.4: Ogni cosa si freghi suso per la terra, sarà a voi abbominabile, e non lo torrete in cibo.
- Darsi ai cibi.
[38] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 5, cap. 18, pag. 574.12: Per che avvenne che di questa stagione, un giorno, donne di Partenope qui vennero a sollazzarsi, e schiusa da' loro cuori ogni malinconia, tutte liete si dierono a' cibi...
- Essere cibo di qno (fig.).
[39] Arrighetto (ed. Battaglia), XIV (tosc.), L. 3, pag. 243.23: Indi procede la fame, indi la grave discordia ne' regni; indi procede che noi siamo preda e cibode' pagani; indi pugne il temporale coltello lo spirituale, e per contraria vece lo spirituale pugne il temporale...
1.1 Estens. Nutrimento in genere (di corpi diversi dagli animali).
[1] Questioni filosofiche, p. 1298 (tosc. sud-or.), L. II, pt. 2, cap. 3b, pag. 64.9: E 'l cibo loro [[dei corpi celesti]] pone ke è vapori terrestri e acquosi, suptili e purificati...
[2] Metaura volg., XIV m. (fior.), L. 2, cap. 23, ch., pag. 275.4: Dissero alquanti che l'acque dolci si lievano, ma il sole si notrica de l'umidità che ssi lievano di diversi luoghi de la terra, e sono cibi del sole perché sono dolci e sottili.
[3] F Piero de' Crescenzi volg., XIV (fior.), L. 2, cap. 13: Adunque il proprio cibo delle piante sarà alcuno humido ben mischiato. || Crescenzi, [p. 36].
1.2 [In contesti fig.:] il cibo di Crasso: l'oro; i cibi del monaco: i piaceri del sesso.
[1] Boccaccio, Decameron, c. 1370, III, 4, pag. 206.18: E parendo molto bene stare alla donna, sì s'avezzò a' cibi del monaco, che, essendo dal marito lungamente stata tenuta in dieta, ancora che la penitenzia di frate Puccio si consumasse, modo trovò di cibarsi in altra parte con lui e con discrezione lungamente ne prese il suo piacere.
[2] Petrarca, Disperse e attribuite, a. 1374, 105.4, pag. 178: Omai fortuna chiama in cui si vede / L'alta corona che subiugò già il mondo, / Disgombra te da l'aspro e grave pondo / Che del cibo di Crasso farà erede.
2 Atto del nutrirsi quotidianamente; pasto.
[1] Regimen Sanitatis, XIII (napol.), 638, pag. 581: Et ancora recordote, quando lo poi fare, / avanti cibo digiti un poco exercetare; / se moderato movese homo nanti mangiare, / lo appetito vigorase, conforta lo paidare...
[2] Quatro partite del corpo, 1310 (fior.), pag. 244.31: od altri caldi o freddi lattovari e dillettevoli confetti secondo il tenpo, e usare dopo cibo uno lattovaro che ssi chiama enison.
[3] Ricette per lattovari, 1310 (fior.), pag. 248.3: Tutte queste cose si vogliono pestare sottilmente e farne polvere, e della detta polvere usi continuamente ciascuno giorno anzi cibo, in cibo, e dopo cibo: provata cosa è.
[4] Stat. castell., XIV sm., pag. 143.25: E ciascheduno sia tenuto, levandose et colcandose et enançe el cibo e depo el cibo, debbia dire el pate(r)nostro e l'avemaria...
3 Desiderio di mangiare; appetito, fame.
[1] Cavalca, Dialogo S. Greg., a. 1342 (pis.), L. 3, cap. 33, pag. 199.17: ed alla voce della sua benedizione lo mio stomaco sentì tanta virtù, che subito mi uscì e 'l cibo e la infermità di mente...
[2] Boccaccio, Fiammetta, 1343-44, Prologo, pag. 13.23: li quali, con istimolo continuo molestandomi, insieme il cibo, il sonno, i lieti tempi e l'amata bellezza hanno da me tolta via.
[3] Boccaccio, Decameron, c. 1370, X, 8, pag. 674.20: in tanto che, il cibo e 'l sonno perdutone, per debolezza fu constretto a giacere.
[1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 4, cap. 19, pag. 338.17: e l'amaestramento e lo studio tuo siano li tuoi cibi spirituali...
[2] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. 171.11, pag. 233: O fren di scienza e d'onestà sperone, / o verga di giustizia, amica mia, / o cibo il qual Dio di vertù compone, / piò che cos'altra mai pregiar te dia, / ché tutto 'l mondo en me par ben non pone; / guai, guai a quello, en cui non hai balia.
[3] Questioni filosofiche, p. 1298 (tosc.), L. V, pt. 18, pag. 191.7: Onde se questo chomanda delle parole di Dio, che sono cibo chonfortativo dell'anima...
[4] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 44, pag. 229.21: Or disse Cristo ai discepoli: «Mio cibo è di fare la volontà del Padre mio», cioè di predicare e di convertire e salvare l'anime. Questo iera il cibo di Cristo, e di questo si pascea...
[5] Dante, Convivio, 1304-7, I, cap. 1, pag. 3.12: Manifestamente adunque può vedere chi bene considera, che pochi rimangono quelli che all'abito da tutti desiderato possano pervenire, e innumerabili quasi sono li 'mpediti che di questo cibo sempre vivono affamati.
[6] Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 25, pag. 175.2: Or, per la terra, s'intendono spiritualmente quattro pene, le quali àe lo demonio in del cibo suo: prima est infructuositas, secunda vilitas, tertia malignitas, quarta penalitas.
[7] Legg. S. Caterina, XIV in. (tosc.), str. 62.5, pag. 507: Gieso Christo, s'alcuno ti domanda, / per me, priego che non ti sia grave, / dàgli cibo di quella vivanda, / onde la tua madre tiene la chiave...
[8] Rim. Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), pag. 362.7: Questi [[gli oziosi ripuosi]] ti fanno amare, questi diffendono quello ch'elli feceno, questi sono cagione e cibo di dilettevole male.
[9] Dante, Commedia, a. 1321, Purg. 31.128, vol. 2, pag. 546: Mentre che piena di stupore e lieta / l'anima mia gustava di quel cibo / che, saziando di sé, di sé asseta...
[10] Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 19, 13-27, pag. 425, col. 2.18: Non trovandoli. Nota che l'A. intende 'che 'l so dubio non se possea assolver per rasone terrena, e perché è contra natura tal domanda e tale asolvesone, sí la domanda a qui' a cui la teología è per cibo'.
[11] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 5, pag. 74.20: e però che qui l'ozio fu cibo di lor lussuria, quivi il continuo moto si è pena di loro peccato...
[12] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 119, pag. 246.24: Essi piangevano co' piangenti e godevano co' godenti, e cosí dolcemente sapevano dare a ciascuno el cibo suo...
[13] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 119, pag. 247.7: coi matti e semplici si mostravano semplici, e co' piccoli, piccoli. E cosí con ogni maniera di gente, per umilitá e caritá, sapevano essere, e a ciascuno davano el cibo suo.
[14] Stat. castell., XIV sm., pag. 141.19: Allora el priore faccia l'amunitione che tutti i conpangni vadano al'ofitio divino e alle predicationi, le quali sono cibo del'anima.
[1] Laude cortonesi, XIII sm. (tosc.), 30.71, vol. 1, pag. 206: Cristo, non ti sia disdegno / perché tu se' nostro pegno; / danne parte del tuo regno, / di quel fructo savoroso, / di quel cibo spiritale / ke sirà sempiternale, / vivo pane sustantiale / cum dolçe aulor pretïoso.
[2] Jacopone (ed. Ageno), XIII ui.di. (tod.), 35.45, pag. 126: Retorna al core, de che viverai: / tre renni c'hai, per tuo defetto / mogo neghietto, lor cibo occultato. || Ageno, p. 126.
[3] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 25.24, vol. 3, pag. 411: laudando il cibo che là sù li prande.
4.2 [Con rif. all'eucaristia].
[1] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 84, pag. 406.11: in sacramenti asumptione, ché tutti si comunicaro: era co· lloro e diessi loro in cibo.
[2] Simone Fidati, Ordine, c. 1333 (perug.), pt. II, cap. 5, pag. 669.27: ché si volle dare a noi in cibo...
[3] S. Caterina, Libro div. dottr., 1378 (sen.), cap. 66, pag. 124.17: El quale sangue inebbria l'anima e vestela del fuoco della divina caritá, e dálle il cibo del sacramento (el quale v'ho posto nella bottiga del corpo mistico della santa Chiesa) del corpo e del sangue del mio Figliuolo tutto Dio e tutto uomo, dandolo a ministrare per le mani del mio vicario, el quale tiene la chiave di questo sangue.
5 Fig. Contenuto di un testo da meditare e interpretare.
[1] Cecco Angiolieri, XIII ex. (sen.), 83.13, pag. 201: digli che Fortarrigo è mezzo secco, / che non si dia nulla maninconia; / ma di tal cibo imbecchi lo suo becco, / ch'e' viverà più ch'Enoch ed Elia.
[2] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 2, cap. 19, vol. 2, pag. 304.26: Deesi dunque ruminare, e masticare con li denti della intelligenza il cibo del Salmo...
[3] Ser Gaudio, a. 1348 (fior.), Udir vostro sonar....6, pag. 98: Non è questo morsel della mia testa, / Ove cibi suttil mai non intraro...
[4] Matteo Villani, Cronica, 1348-63 (fior.), L. 9, cap. 98, vol. 2, pag. 434.2: E qui faremo piccolo tramezzamento d'alcune cose occorse fuori della presente materia, acciò che ll'animo e llo 'ntelletto faticato sopra una materia, e quindi avendo preso fastidio, abbi per nuovo cibo ricreazione, e torneremo alle italiane fortune.
[5] Fazio degli Uberti, Dittamondo, c. 1345-67 (tosc.), L. 1, cap. 16.36, pag. 48: L'opinione in fra gli autori lascia / se funno o no lattati da una lupa, / ché d'altro cibo convien ch'io ti pascia.
[6] A. Pucci, Centiloquio, a. 1388 (fior.), c. 30, terz. 92, vol. 2, pag. 76: Or mi diletta / di mutar cibo per istar più golfo.
[7] Bibbia (04), XIV-XV (tosc.), Prol. Esd, vol. 4, pag. 317.27: E però Donaziano e Rogaziano, miei carissimi, io vi priego che voi, contenti della secreta lezione, il libro non produciate in pubblico, e non pogniate cibi a' fastidiosi, e che vi guardiate dal ciglio di coloro che da sè non sanno fare nulla, e solamente sono a giudicare le cose fatte per altrui.
[u.r. 27.10.2020]