DELUBRO s.m.

0.1 delubro.

0.2 DEI s.v. delubro (lat. delubrum).

0.3 Dante, Commedia, a. 1321: 1.

0.4 In testi tosc.: Dante, Commedia, a. 1321; Guido da Pisa, Fiore di Italia, XIV pm. (pis.); Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.).

In testi sett.: Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.).

0.5 Voce dotta.

0.6 N Doc. esaustiva.

0.7 1 Luogo deputato al culto, tempio di piccole proporzioni. 2 Nell'antichità classica, stanza all'interno del tempio adibita alla custodia del simulacro divino.

0.8 Valentina Gritti 10.02.2004.

1 Luogo deputato al culto, piccolo tempio.

[1] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 6.81, vol. 3, pag. 94: Con costui corse infino al lito rubro; / con costui puose il mondo in tanta pace, / che fu serrato a Giano il suo delubro.

[2] Gl Jacopo della Lana, Par., 1324-28 (bologn.), c. 6, 73-81, pag. 144, col. 1.13: Con costui, çoè cum Octaviano, secondo portadore, mise in subietioni tutte parti orientai, le quai intende per lo mare rubro... Delubro. Tanto è come 'tempio de santificatione'.

[3] Gl Guido da Pisa, Fiore di Italia, XIV pm. (pis.), cap. 1, pag. 15.1: Delubro tanto viene a dire, quanto tempio.

2 Nell'antichità classica, stanza all'interno del tempio adibita alla custodia del simulacro divino.

[1] Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.), L. 10, cap. 20, pag. 479.31: molti di generazione italica, li quali rifiutato aveano di seguitarlo in Africa, e nel tempio di Giunone Lacinia entrati se n'erano, nel delubro insino a quel dì inviolato, sozzamente uccise.