DISDEGNO agg./s.m.

0.1 dedegno, desdegni, desdegno, desdengno, desdengo, desdigno, desdingo, dexdegn, dexdegnio, disdegna, disdegni, disdegnio, disdegno, disdengnio, disdengno, disdigni, disdigno, disdignu, dissdengno.

0.2 Da disdegnare.

0.3 Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.): 1.9.

0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.); Bestiario toscano, XIII ex. (pis.); Stat. sen., 1356 (2).

In testi sett.: Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.); Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.); Doc. venez., 1281/84; Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.); Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342; Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.); Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?).

In testi mediani e merid.: Poes. an. urbin., XIII; Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.); Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.); Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.); Gillio Lelli, Rime (ed. Mancini), XIV pm. (perug.); Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.); Destr. de Troya, XIV (napol.); Cronaca volg. isidoriana, XIV ex. (abruzz.).

In testi sic.: Mascalcia G. Ruffo volg., a. 1368 (sic.).

0.5 Locuz. e fras. avere a disdegno 1.2, 1.6.2; avere in disdegno 1.2, 1.3, 1.6.2, 1.7.1; di disdegno 1.6.1, 2.2; essere a disdegno 1.4; essere disdegno 1.3; essere in disdegno 1.4; in disdegno 1.1.1; recarsi a disdegno 1.9.1; ritornare a disdegno 1.7.2; tenere a disdegno 1.9.1; tenere in disdegno 1.2; trarre a disdegno 1.9.2; venire in disdegno 1.9.3.

0.7 1 Sentimento di rifiuto e disprezzo, provocato da una valutazione negativa del valore di ciò a cui si rivolge. 1.1 [Rif. alla manifestazione dello stesso sentimento]. 1.2 Locuz. verb. Avere a, in disdegno, tenere in disdegno: provare un sentimento di rifiuto e disprezzo (in partic. provocato da una valutazione negativa del valore di ciò cui il sentimento si rivolge). 1.3 Locuz. verb. Avere in disdegno, essere disdegno: avere orrore di una certa azione, provarne ripulsa all'idea, rifiutarsi di compierla. 1.4 Fras. Essere a, in disdegno: essere oggetto di un sentimento di rifiuto e disprezzo. 1.5 Rifiuto e disgusto fisico. 1.6 Il sentimento di non provare interesse, di essere indifferenti a qsa (e quindi di non desiderarlo); la sua manifestazione. 1.7 Sentimento di fastidio, di irritazione, di rabbia. 1.8 Discordia, disaccordo, lite (?). 1.9 Il sentimento di chi si adira, si indigna, va in collera (in partic. causato dalla valutazione di qsa come interamente negativo). 2 Evento o circostanza tale da essere valutato interamente come negativo; causa di collera e indignazione. 2.1 Agg. Tale da provocare collera o indignazione. 2.2 Locuz. agg. Di disdegno: tale da provocare collera o indignazione. 3 [Ret.] Parte finale di un discorso, tesa a suscitare l'indignazione dell'uditore.

0.8 Maria Clotilde Camboni 26.02.2005.

1 Sentimento di rifiuto e disprezzo, provocato da una valutazione negativa del valore di ciò a cui si rivolge.

[1] Brunetto Latini, Rettorica, c. 1260-61 (fior.), pag. 182.8: Noi potemo conducere i nostri adversarii in invidia et in disdegno dell' uditore se noi contiamo la forza del corpo e dell' animo loro [[...]], et la potenza [[...]], e le ricchezze [[...]], e 'l parentado, [[...]] in cotal modo che noi diremo come ' nostri adversarii usano queste cose malamente et increscevolemente con male e con superbia, tanto che sofferire non si puote.

[2] Fiori di filosafi, 1271/75 (fior.), pag. 143.3: L'uomo è cosa troppo singular e non puote sofferire suo pare: de' suoi maggiori hae invidia, de' suoi minori hae disdegno, a' suo' iguali non leggiermente s'acorda.

1.1 [Rif. alla manifestazione dello stesso sentimento].

[1] Guido Cavalcanti (ed. Contini), 1270-1300 (fior.), 16.10, pag. 509: quand' i' guardo verso lei, / rizzami gli occhi dello su' disdegno / sì feramente, che distrugge 'l core.

[2] Matteo Corr. (ed. Corsi), XIV pm. (padov.?), 6.8, pag. 153: Vago, leggiadro, gioioso e contento / d'allegra voglia canto, / perché tu d'amoroso e bon talento / m'hai tratto fuor di pianto, / poi m'ha' coperto del tuo nobil manto / con viso d'umiltà senza disdegno.

1.1.1 Locuz. avv. In disdegno: manifestando apertamente di provare rifiuto e disprezzo.

[1] Panuccio del Bagno, XIII sm. (pis.), 9.38, pag. 63: Non dizïando che solo servire, / di ciò contento fui, / in alcun'ora, quazi per senbiansa, / dimostrando vèr' me fussei gradire, / gioi lei servisse, in cui / di ciò sormize, con gran benenansa. / Ma poi, 'n fallansa - m'è vista tornando / e viddi in tutto lo contraro aperto, / quazi di ciò isperto / per sua vista fermata me in disdegno...

1.2 Locuz. verb. Avere a, in disdegno, tenere in disdegno: provare un sentimento di rifiuto e disprezzo (in partic. provocato da una valutazione negativa del valore di ciò cui il sentimento si rivolge).

[1] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 9, pag. 22.3: disideri di vivere in povertade, e abbia in dispregio e in disdegno i beni della ventura e la gloria del mondo...

[2] Poes. an. urbin., XIII, 31.19, pag. 608: Non avere in desdegno / si lo povero è degno / d'essare in paradiso / ka uno Pate avete, / d'una guisa nascete: / e 'n ço non è diviso.

[3] Paolino Pieri, Cronica, 1305 c. (fior.), pag. 65.4: cominciò la parte Bianca a inalzare et avere la Segnoria. Questi volle esser morto, quand'e' se n'andava da Naldo Gherardini, perchè l'avea condennato, ed egli parea già esser sì Segnore, che 'l si tenea in disdegno.

[4] Legg. S. Caterina, XIV in. (tosc.), str. 60.8, pag. 507: Caterina in terra sì ssi assecta, / dicendo:«Sire, per questa morte ov' io vegno / per te tucti m' ànno a disdegno...

1.3 Locuz. verb. Avere in disdegno, essere disdegno: avere orrore di una certa azione, provarne ripulsa all'idea, rifiutarsi di compierla.

[1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 4, cap. 5, pag. 205.1: e' signori ch' avieno amati stando loro servi, essendo liberi, ebbero in disdegno di ricordarsi che loro servi fossero stati.

[2] Laude cortonesi, XIII sm. (tosc.), 33.53, vol. 1, pag. 221: Salvatore ke de la vergene nascesti, / del tuo amor darne non ti sia desdegno, / ké gran segno d'amor alor ci desti, / quando per noi pendesti en sullo legno.

1.4 Fras. Essere a, in disdegno: essere oggetto di un sentimento di rifiuto e disprezzo.

[1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. 160.10, pag. 227: È lebroso, noioso, o ver non degno, / che tanto èv'a desdegno?

[2] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), son. 121.14, pag. 375: a null'altra l'amor non è ['n] disdegno.

[3] Neri Moscoli, Rime, XIV pm. (castell.), 1.44, pag. 544: Canzonetta, tu puoi andar secura, / e tuttor che per me gran cosa cheri, / seralli el don leggeri; / però che 'l prego tuo tien proprio segno / de crudeltà, che non li è mai a desdegno.

1.5 Rifiuto e disgusto fisico.

[1] Parafr. pav. del Neminem laedi, 1342, cap. 14, pag. 70.30: al çentil stomegho ven lo gran desdegno e sente forte horror e angossa lo reversa quando in la vianda el trova qualche vermo o pel o cavil o limaçça o moscha o altra bruta cossa: benché l'altro cibo chi è romaso al fogo sia çentil e nobel delitioso e accepto al gusto no 'l pò suffrir a veçer né ughir mentoar per una soççura ch'el gh'à trovó meschiaa.

1.6 Il sentimento di non provare interesse, di essere indifferenti a qsa (e quindi di non desiderarlo); la sua manifestazione.

[1] Jacopo Cavalcanti, a. 1287 (fior.), 2.10, pag. 237: Vertù d'Amor, per cortesia, m'aita / che questa bella donna con disdegni / non assalisca l'anima invilita.

[2] Tesoro volg., XIII ex. (fior.), L. 5, cap. 9, pag. 99.4: radice di tutta cupidità. E ciò è la cagione perchè li grandi uccelli rapaci sono migliori, per ciò che non hanno nullo desdegno di prendere, anzi desiderano sempre la preda...

[3] ? Legg. Transito della Madonna, XIV in. (abruzz.), 634, pag. 40: Ad alta voce grida Tomasso ca·nno è digno: / «Matre de Deo altissimo, io vengo dell' altro rinno; / alla morte toa no fui per pocu de disdigno.

1.6.1 Locuz. agg. Di disdegno: che pare esprimere disprezzo o indifferenza.

[1] Nicolò de' Rossi, Rime, XIV pi.di. (tosc.-ven.), son. 182.5, pag. 123: banch'à pelle e capo castelegno, / le gotte fresce e 'l naso di desdegno...

1.6.2 Locuz. verb. Avere a, in disdegno: manifestare disinteresse o indifferenza; non prendere in considerazione.

[1] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 37, pag. 194.12: dice pur: ' Làvati con acqua'. Questo è leggieri cosa, e questo è quello che i servi di quello Naamàn prencipe dissero a llui, quando ebbe in disdegno quello che gli avea mandato a dire il profeta: che ssi lavasse nel fiume Giordano.

[2] Laudario S.M. d. Scala, XIII ex./XIV po.q. (tosc.), 15.189, pag. 192: O Croce, bem m'ài forte a disdegno, / che di pietança non mi dài parola!».

1.7 Sentimento di fastidio, di irritazione, di rabbia.

[1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), Disputatio mensium, 487, pag. 20: Ai subiecti no lese, anz ven da grand ossanza, / Aver in so segnor odio ni malvoianza / E aver dexdegn e doia, sed el á consolanza; / Inanz den esser grami, sed el avess pesanza.

[2] Doc. venez., 1281/84, pag. 54.10: li fo (com)ma(n)dado da parte d(e) li çuisi de P(ro)curator, subto pe(n)a de cento livre e t(er)meno p(er)emptorio, k'elo devese adure tute lae raxo(n) e le scriture d(e) la villa. Et elo aduse una ca(r)ta de ba(m)basino, lo(n)ga forsi de un palmo, la quale straçà li çudisi p(er) desdegno et ira che illi ave.

[3] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 3, cap. 9, pag. 103.23: il filosafo dice che l'uomo à sei movimenti d'animo, altri che i dodici, e quali noi avemo detto dinnanzi. Ciò sono grazia, gelosia, disdegno e corruccio del bene e dell'allegrezza dei malvagi, misericordia, invidia e verecondia...

[4] Bestiario toscano, XIII ex. (pis.), cap. 74, pag. 86.18: lo leopardo e la lonça, quando amontano l'altre bestie, se al terço o vero al quarto salto non prendeno, per grande dispecto et disdegno più la preda non seguisceno, ma lassano andare...

[5] Gillio Lelli, Rime (ed. Mancini), XIV pm. (perug.), App. II, 2.12, vol. 1, pag. 212: Levàtive dal core ogne desdegno, / che se vi confortate, io mi conforto, / se non, con voi simel pena comporto...

[6] Mascalcia G. Ruffo volg., a. 1368 (sic.), Lu modu..., pag. 571.4: toccalu pir tutti soi menbri cun li manu suavimenti, e nun lu fari indignari, ki pir lu disdignu purria piglari alcunu viciu.

1.7.1 Locuz. verb. Avere in disdegno: provare irritazione o rabbia.

[1] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 4, cap. 3, vol. 1, pag. 367.19: Non conoscete voi in che grande dispetto voi vivete? S'elli potessero, elli vi torrebbono parte dell'aere e della vita: elli hanno in disdegno e in dispetto che voi vivete, che voi parlate, e che voi avete figure d'uomini.

1.7.2 Fras. Ritornare a disdegno: provocare dei fastidi, delle discordie.

[1] Matteo dei Libri, XIII sm. (bologn.), 10, pag. 37.3: çascuno vostro citadino o terreri se guarde de dicere o de fare quello ke possa retornare ad alcun desdegno di nostri communi, ma sempre possamo e debiamo stare in pura amistate, in bona tranquilitate e reposo, e cusì plaça a Deo k'el sia.

1.8 Discordia, disaccordo, lite (?).

[1] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 1066, pag. 246: Lo augusto poy che benne, uno desdigno nacque / Tra Baczano et Paganeca, lo dìne me despiacque...

1.9 Il sentimento di chi si adira, si indigna, va in collera (in partic. causato dalla valutazione di qsa come interamente negativo).

[1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 135, pag. 566: No se truova soperbia plui soça en questo mondo / con' qi s'envilia ensteso: en quel mal non è fondo. / Anc un'altra ge n'è, dont à Deu grant desdegno, / d'un pover hom soperbio ch'apen' avrà sostegno.

[2] ? Fontana, Rima lombarda, 1343/46 (parm.), 193, pag. 29: E la superba regoiosa Parma / per so desdigno e per la soa seneva / ad spander sangue humano spesso s'arma.

[3] Gl Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 9, 82-90, pag. 264.31: Aggiugne che li parea pieno di disdegno; cioè d'ira, per zelo per empiere la volontà di Dio contra coloro che voleano contrariare a lui.

[4] Cronaca volg. isidoriana, XIV ex. (abruzz.), pag. 168.22: per desdigno che abe lo dicto Dario, che non havea pigliato per moglie la figlia de Anchiro re de Sithia, con VII.c cavaleri armati axaltao lo dicto re Anchiro et contra ipso commatteo...

- [Con valore di sofferenza morale:]

[5] Dante, Commedia, a. 1321, Inf. 13.71, vol. 1, pag. 215: L'animo mio, per disdegnoso gusto, / credendo col morir fuggir disdegno, / ingiusto fece me contra me giusto.

[6] Gl Francesco da Buti, Inf., 1385/95 (pis.), c. 13, 55-78, pag. 358.28: Credendo col morir fuggir disdegno; cioè quella turbazione e dolore ch'avea preso, vedendosi sostenere pena indegnamente e schernire...

1.9.1 Locuz. verb. Tenere, recarsi a disdegno: provare collera (per qsa); indignarsi.

[1] Tesoro volg., XIII ex. (fior.), L. 3, cap. 9, pag. 50.26: Ma come il signore dee guardare il suo podere, [[...]] lo maestro non ne dirà ora più che detto n'abbia, perchè l'uno lo terrebbe a disdegno, e l'altro ad avarizia.

[2] Fatti di Cesare, XIII ex. (sen.), Sal. L. 1, cap. 34, pag. 43.22: fece lo senato e stabilio, ch'e' consoli che dovevano essere quello anno, non si potessero framettare se non di picciole cose; e solo per abbassare la possa di Cesare. E ciò si recò Cesare a grande disdegno.

1.9.2 Fras. Trarre a disdegno: far sì che qno provi (e manifesti) collera o indignazione.

[1] Jacopone, Laud. Urbinate, XIII ui.di. (tod.), 6.4, pag. 507: Par ke aiate vénto el pengno / de trare Cristo a desdegno: / da çelo mandarà segno / ke ttrèmere se farà.

1.9.3 Fras. Venire in disdegno: essere fatto oggetto della collera, dell'indignazione di qno.

[1] Bono Giamboni, Orosio, a. 1292 (fior.), L. 5, cap. 16, pag. 315.2: Lucio Saturnino di Puglia fue della discordia il primaio cominciatore, perchè creato censore Quinto Metello, nato di Numidia, suo agro nemico, trattolo della casa, e nel Capitolio fuggito, con armata moltitudine l' assediò, laonde venne in disdegno della cavalleria di Roma, e fuoro morti molti uomeni dinanzi al Capitolio.

[2] Stat. sen., 1356 (2), pag. 9.7: a cessare che niuno non vengna in desdengno dell' altro, è proveduto che neuno spetiale, se non chi fusse così electo, non possa stimare...

2 Evento o circostanza tale da essere valutato interamente come negativo; causa di collera e indignazione.

[1] Patecchio, Splanamento, XIII pi.di. (crem.), 575, pag. 582: Un dig grandi desdegni q'en 'sto mond fia usado, / è 'l savio, an' s'è-l pover, qe fi despresïado.

[2] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 7, cap. 47, vol. 3, pag. 397.2: Sii largo in donare, e non esser agro in domandare, chè quando li disdegni montano più alto che i meriti, colui a cui egli piace si se ne dimentica, e chi si duole ne menima.

[3] Jacopo della Lana, Inf., 1324-28 (bologn.), c. 4, 121-129, pag. 129, col. 2.2: lo ditto Tarquino fe' tôr la ditta Lucrecia per forza et ave de essa so deletto, per lo quale desdegno et inziuria lo detto Brutto co' soi parenti ed amici e con parte del puovolo, sairno su la piaza de Roma et manu armata cridorno: Muora Tarquinio.

[4] Maramauro, Exp. Inf., 1369-73 (napol.>pad.-ven.), cap. 28, pag. 415.1: il dicto conte ocultamente concese el passo a Carlo per un detestabile disdegno el qual li fé el re Manfredi che, [[...]] essendo in Capua se ne andò a Caserta, e ivi trovò la matre del conte Ricardo e la mogliere, la qual era spetiosissima donna, e a mal suo grato la cognobbe.

[5] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 10, pag. 117.2: non èy multo tiempo passato che alcuni ri de Grecia, nuostri parienti, per alcuno desdingo che avesse facto lo re Laumedonta, patre de quisto re Priamo, a cierti altri di Grecia sequace loro sì andaro a Troya co lo sfuorzo loro contra de quillo re Laumedonta e derolo a morte con tutta la gente soa, e la soa citate di Troya destrussero et abattero, e l'altre femene chi nce trovaro menarolle presuni in Grecia.

2.1 Agg. Tale da provocare collera o indignazione.

[1] Neri Pagliaresi, XIV sm. (sen.), pt. 5, 7.3, pag. 60: E Iesù Cristo sì gli amaestra e 'nsegna / andando spesso a lor, in [n]e' lor siti; / ma questi farisei, gente disdegna, / d'ucidarlo non eran anco arditi, / ben che lor voglia fusse, di lor, pregna...

2.2 Locuz. agg. Di disdegno: tale da provocare collera o indignazione.

[1] Gradenigo, Quatro Evangelii, 1399 (tosc.-ven.), c. 11.100, pag. 74: Maestro, vollemo aver segno / da te». Et Iexù a loro de presente: / «O generatïon de gran disdegno, / de vitii rei malvagia et adulta, / quanto è il cor vostro de ignorantia pregno!

3 [Ret.] Parte finale di un discorso, tesa a suscitare l'indignazione dell'uditore.

[1] <Tesoro volg. (ed. Gaiter), XIII ex. (fior.)>, L. 8, cap. 63, vol. 4, pag. 236.2: conclusione è l'uscita, e la fine del conto. E sappiate, che la conclusione ha tre parti, cioè riconto, disdegno, e pietà; ed udirete di ciascuna parte.