0.1 danamo, danare, danata, danate, danatela, daniamo, danna, dannammoli, dannamo, dannamoli, dannando, dannanmo, dannare, dannarsi, dannase, dannasse, dannata, dannava, danniamo, danno, dannò, danosi.
0.2 Lat. damnare (DEI s.v. dannare 1).
0.3 Doc. fior., 1259-67: 1.
0.4 In testi tosc.: Doc. fior., 1259-67; Doc. pist., 1337-42; Doc. prat., 1366.
0.7 1 Cancellare, cassare, annullare (una carta, un conto, un debito). 1.1 Fig. Far dimenticare, mettere in oblio.
0.8 Vinicio Pacca 23.07.2004.
1 Cancellare, cassare, annullare (una carta, un conto, un debito).
[1] Doc. fior., 1259-67, pag. 208.14: Questa r(ascione) danamo e ponemola da <qua> qui in suso inn una soma, e quel die ke de avere qui di sopra po(nemo) ke de avere ne· libro nuovo nel ventitre carte, e tutte queste partite k'àe avute qui di soto, raguagliatele inn uno termine in soma, sono poste a piè de la detta r(ascione) di sopra ne· libro nuovo, sette dì anzi k. dicienbre del LXJ.
[2] Doc. fior., 1262-75, pag. 295.23: (E) deono dare anche lb. xv (e) s. v (e) d. viij q(ue)sto die, che lli paghai p(er) loro a Mane(t)to Rustichelli di Borgho Sant'Apostolo per una charta ch'aveia loro indosso di dodici livre di chapitale, fatta per mano di s(er) Rinieri Albertani delo '(N)ghilese, (e)d io la feci dannare.
[3] Doc. fior., 1290, pag. 819.19: A voi ser Tano, il Melgliore vi manda a dire ke voi cierkiate d'una kartta di Kelino che si fecie nel MCCLXXXVIIIJ, dì XXIIIJ di dicie[n]bre, e danatela, k'io mi ne kiamo bene paghato; ed èvi malevadore Ubaldino a la karta, e dicie la kartta sei fiorini d'oro.
[4] Novellino, XIII u.v. (fior.), 23a, pag. 184.2: Disse il tesoriere: «Messere, errava» e volea dannare il soprapiù. Allora il Saladino parlò: "Non dannare: scrivi CCCC.
[5] Simintendi, a. 1333 (tosc.), Suppl. L. 9, vol. 4, pag. 7.9: Ella incomincia, e dubita; ella scrive, e danna; e disegna, e disfà...
[6] Stat. fior., 1334, L. I, cap. 86, pag. 272.24: E acciò che neuno dell'Arte di Calimala dolosamente presumma di fare questione o domandare copia d'alcuna ragione della quale altra volta sia soddisfatto, ordinato è che niuno nella corte del Comune di Firenze o de' Consoli di Calimala ardisca o presumma adomandare copia di libro o di ragione di libro d'alcuno mercatante di questa Arte per ragione pagata e debitamente dannata, a pena di soldi due per ogni lib. della quantità che si contenesse nella ragione onde copia si domandasse, per ciascuno che contra ciò facesse e per ogni volta. La qual condannagione i Consoli sieno tenuti di fare infra X dì proximi, computando, poi che trovato sarà cotal copia essere addomandata di ragione pagata e debitamente dannata, a pena di lib. L per ciascuno Consolo.
[7] Doc. pist., 1337-42, pag. 132.23: Aviamo posto che Francescho soprascritto debia dare alle xxiij carte, per la somma di queste due faccie, lb. ciij s. xj d. j pic.. E qui danniamo questa faccia e l'altra a rrietro.
[8] Doc. prat., 1366, pag. 68.18: Posto in questo libro inanzi a carte cciij a piè d'una loro ragione dove avere doveano per magiore soma ponemo a piè ch'avesono autto per questa ragione, e però daniamo di quì fior. lxx, s. xj, d. 0 prov..
1.1 Fig. Far dimenticare, mettere in oblio.
[1] Boccaccio, Filocolo, 1336-38, L. 5, cap. 52, pag. 617.5: - Male può servare persona la cosa che mai non li fu nota; forse se io questa vostra legge udissi o quello ch'io dovessi credere mi fosse mostrato, poria essere che, dannando la mia, seguirei questa, e con voi insieme del popolo di Dio diventerei -.
[2] Boccaccio, Fiammetta, 1343-44, cap. 4, par. 3, pag. 99.16: Né prima il concreato furore trapassava, che le lagrime abondevolissimamente per gli occhi uscissero, con le quali, molto alcuna volta duranti, esso del petto m'usciva; nel quale per conforto di me medesima, dannando ciò che l'indovina anima mi diceva, quasi a forza la già fuggita speranza con ragioni vanissime rivocava.
[3] Andrea Cappellano volg., a. 1372 (fior.), L. 1, pag. 151.17: Ma non voglia Iddio che in me sì gran fallo si truovi, come sarebbe per mio parlare oscurare fama di persona, la quale da tutti è lodata: ché nessuno può mal parlare, né de' buoni né de' rei, che appo li savi possa dannare la fama di coloro di cui dice, ma la sua propria fama disconciamente grava.
[u.r. 19.02.2022]