CANGIARE v.

0.1 cang', cange, cangerà , cangerai, cangerea, cangerebbe, cangerò, canggi, cangi, cangia, cangiai, cangiamo, cangian, cangiando, cangiandosi, cangiao, cangiar, cangiarai, cangiare, cangiarle, cangiarme, cangiaro, cangiarse, cangiarsi, cangiasi, cangiasse, cangiassi, cangiaste, cangiat', cangiata, cangiate, cangiati, cangiato, cangiava, cangiavano, cangino, cangio, cangiò, cangiossi, canzasi, canzata, canzato, canzo, changiarlo, changiasse, changnioli.

0.2 Fr. ant. changer (DELI 2 s.v. cangiare).

0.3 Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.): 1.

0.4 In testi tosc. e toscanizzati: Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.); Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.); Dante, Vita nuova, c. 1292-93; Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.); Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.).

In testi sett.: Memoriali bologn., 1279-1300, (1299-1300); Passione genovese, c. 1353; Dondi dall'Orologio, Rime, XIV (padov.).

In testi mediani e merid.: Marfagnone, XIV pm. (perug.).

0.7 1 Sostituire qsa o qno con qsa o qno altro. 1.1 Passare da un luogo a un altro. 2 Alterare nella sostanza o nell'aspetto esteriore, mutare; anche pron. 2.1 [Rif. a un sentimento o a un'attività intellettuale:] mutare di indirizzo o di intensità; subire un mutamento di ordine morale; anche pron. 2.2 [Rif. al tempo atmosferico:] variare (dal bello al brutto negli ess.); anche pron. 3 Corrispondere a un sentimento o a un gesto d'affetto con il proprio, ricambiare. 3.1 Rispondere (per le rime) a un interlocutore poetico.

0.8 Zeno Verlato 11.04.2005.

1 Sostituire qsa o qno con qsa o qno altro.

[1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 15.36, pag. 193: Or la m'à tolta per troppo savere, / dice che 'n altra parte ò mia 'ntendanza, / ciò so veracemente: / non sente - lo meo cor tal fallimento, / né ò talento - di far mislëanza, / ch'eo la cangi per altra al meo vivente.

[2] Memoriali bologn., 1279-1300, (1299-1300) App. f.14, pag. 98: ma alquanto mi ne cocca gelosia / no ella mi cangi per altr'om che ssia...

[3] Boccaccio, Filostrato, 1335-36 (?), pt. 2, ott. 84.3, pag. 64: Troiolo canta e fa mirabil festa, / armeggia e dona e spende lietamente, / e spesso si rinnuova e cangia vesta, / ogni ora amando più ferventemente...

[4] Petrarca, Canzoniere, a. 1374, 308.1, pag. 382: Quella per cui con Sorga ò cangiato Arno, / con franca povertà serve richezze, / volse in amaro sue sante dolceze...

[5] Comm. Favole Walterius, XIV ex. (ven.), 17.4, pag. 19: Se tu ài fato aquisto al to bisongno, / di chonservarlo a fede sine atento, / né non sperar di paserte di vento / s'el dolze ficho zamay canzasi in prongno...

- [Rif. a monete o metalli dotati di valore economico].

[6] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 13, pag. 164.4: Non dottareste cangiare pionbo inn auro, e molto meno non dottate in migliore canbio.

- Fig.

[7] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 20, pag. 254.9: e non matto più sovr' onni conto chi nel banco di ragione, ove seder dea homo rassionale, vertù cangiare a visî e Cielo a terra?

1.1 Passare da un luogo a un altro.

[1] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 6.9, vol. 3, pag. 84: sotto l'ombra de le sacre penne / governò 'l mondo lì di mano in mano, / e, sì cangiando, in su la mia pervenne.

- Porre elementi diversi in successione ordinata.

[2] Dante, Commedia, a. 1321, Par. 2.78, vol. 3, pag. 29: sì come comparte / lo grasso e 'l magro un corpo, così questo / nel suo volume cangerebbe carte.

2 Alterare nella sostanza o nell'aspetto esteriore, mutare; anche pron.

[1] Guido delle Colonne, XIII pm. (tosc.), 5.3, pag. 107: Ancor che l'aigua per lo foco lassi / la sua grande freddura, / non cangerea natura / s'alcun vasello in mezzo non vi stasse, / anzi averria senza lunga dimora / che lo foco astutasse / o che l'aigua seccasse: / ma per lo mezzo l'uno e l'autro dura.

[2] Bonagiunta Orb. (ed. Contini), XIII m. (lucch.), canz. 1.60, vol. 1, pag. 262: como la uliva non cangia verdura, / non cang'eo per ragione / di fina 'ntensïone, / ancor mi sia cangiata la figura.

[3] Dante, Vita nuova, c. 1292-93, cap. 14 parr. 11-12.12, pag. 60: ond'io mi cangio in figura d'altrui, / ma non sì ch'io non senta bene allore / li guai de li scacciati tormentosi.

[4] Conti di antichi cavalieri, XIII u.q. (aret.), 7, pag. 102.14: Ed esso, quando a la morte se vidde venire, del mantello se coperse el viso suo, e li drappi fra le gambe se mise. E ciò fe' perché lo viso suo non fosse, morendo, veduto cangiare...

[5] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 12, pag. 405.8: Turno tacitamente e onorando umilemente l'altare co gli occhi avallati; e co la faccia giovenile discolorata, e cangiata di palidezza.

[6] Passione genovese, c. 1353, pag. 36.11: E quando elli insìm for della porta de Cayphas, la donna se levà como ella poé e guardà si ella poesse veyr lo so figlor, e ella non lo recognossea, inperzò che ello era tuto cangiao.

[7] Dondi dall'Orologio, Rime, XIV (padov.), 19.4, pag. 47: Io temo che tu non doventi cervo, / sì come Actheon quand'el vide Dïana / chon le altre belle nuda in la fontana, / per qual cangiò la pelle et l'osse e 'l nervo.

2.1 [Rif. a un sentimento o a un'attività intellettuale:] mutare di indirizzo o di intensità; subire un mutamento di ordine morale; anche pron.

[1] Giacomo da Lentini, c. 1230/50 (tosc.), 15.7, pag. 191: Per nente - mi cangiao lo suo talento, / und'eo tormento - e vivo in gran dottanza, / e son di molte pene sofferente.

[2] Jacopo Mostacci (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 3.10, pag. 150: pertanto non da lei partia coragio / né mancav'a lo fino piacimento / mentre non vidi in ella folle usagio, / lo qual l'avea cangiato lo talento.

[3] Giac. Pugliese, Rime (ed. Panvini), XIII pm. (tosc.), 5.30, pag. 190: Meo sir, se tu ti compiangi, / ed io mi sento la doglia; / lo nostro amor falsi e cangi, / ancor che mostri tua voglia.

[4] Guinizzelli (ed. Contini), a. 1276 (tosc.), 13.2, pag. 475: Madonna mia, quel dì ch'Amor consente / ch'i' cangi core, volere o maniera, / o ch'altra donna mi sia più piacente, / tornerà l'acqua in su d'ogni riviera...

[5] Guittone, Lettere in prosa, a. 1294 (tosc.), 13, pag. 163.28: Ma tutta via volontieri cangia homo bono in migliore; e io voi, Signori, cangiare mostro gloria vana in vera, diletto parvo e laido e dezorrato, che merta etternal tristisia, in grande e orrato e bello, che ghaudio segue etternale.

[6] Guido Cavalcanti (ed. Contini), 1270-1300 (fior.), 11.10, pag. 504: Ma, per lo folle tempo che m'ha giunto, / mi cangio di mia ferma oppinïone / in altrui condizione, / sì ch'io non mostro quant'io sento affanno...

[7] Marfagnone, XIV pm. (perug.), 29a.11, vol. 1, pag. 175: Questa porta umeltà nei suoi sembiante, / piagere, amore, cortesia e pace; / ahi come cangian puoi, chi gli è davante!

- [Rif. al destino personale].

[8] Poes. an. (ed. Panvini), XIII (tosc.), 18.35, pag. 502: Fortemente a la gente anoio e gravo / per li scuri pensieri, / ch'è loro aviso ch'entro al mio cor porte; / ed io medesmo, vegendo ca gravo, / somi da lor straneri, / pensandomi le greve e dure sorte, / che 'nver me sono in tal guisa cangiate, / che diversi colori / vanno inver me volgendo, / ond'io vivo ismaruto e trapensato.

[9] Mare amoroso, XIII ui.di. (fior.), 297, pag. 498: donde eo farag[g]io a guisa d'om salvag[g]io, / che canta e ride istando in grave pene, / pensando che si cangia la ventura / di male in bene e di pianto in sollazzo...

2.2 [Rif. al tempo atmosferico:] variare (dal bello al brutto negli ess.); anche pron.

[1] Percivalle Doria (ed. Contini), a. 1264 (tosc.), 5, pag. 162: Come lo giorno quand'è dal maitino / claro e sereno - e bell'è da vedere, / per che gli augelli fanno lor latino, / cantare fino, - e pare dolze audire; / e poi ver' mezzo giorno cangia e muta, / e torna in pioggia la dolze veduta / che mostrava...

[2] Petrarca, Canzoniere, a. 1374, 323.32, pag. 398: et mirandol io fiso, / cangiossi 'l cielo intorno, et tinto in vista, / folgorando 'l percosse, et da radice / quella pianta felice / sùbito svelse...

3 Corrispondere a un sentimento o a un gesto d'affetto con il proprio, ricambiare.

[1] Chiaro Davanzati, XIII sm. (fior.), canz. 34.3, pag. 124: Quanto ch'è da mia parte, / di voi mi tegno amico, / credendomi esser di voi ben cangiato...

[2] Monte Andrea (ed. Minetti), XIII sm. (fior.), tenz. 89.4, pag. 240: Amor, ché se' ver' me così spietato, / che, ssai, m'ài miso a tale donna amare / che sol d'u[n] sguardo da llei ·non son cangiato?

[3] Pacino Angiulieri (ed. Carrai), XIII sm. (fior.), 8b.8, pag. 77: s'ogn'omo avesse d'amor volontate / e tutti fossor bon' gl'intenditori, / saria oservato lo prego che fate / e forano cangiati degli amori.

[4] Rinuccino, Rime, XIII sm. (fior.), 8a.13, pag. 75: Questo saria un giusto segnorag[g]io: / che l'om c'amasse fosse tanto amato / quant'ama, sì che stesse in par gradag[g]io, / e che l'amor crescesse di parag[g]io, / sì che d'amore fosse l'om cangiato / e par fossor gli amori nel corag[g]io.

3.1 Rispondere (per le rime) a un interlocutore poetico.

[1] Guido Orlandi, 1290/1304 (fior.), 14.4, pag. 169: Poi che traesti infino al ferro l'arco / ver' lo stecchetto, e non desti di sovra, / motta né caso volentier ti parco: / voglio cangiare a te la rima e l'ovra.

[u.r. 13.10.2020]