FACENTE agg./s.m.

0.1 faccente, faccenti, facciente, faccienti, facent, facente, faciente, ffacciente.

0.2 V. fare.

0.3 Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.): 3.

0.4 In testi tosc.: Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.); Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.); a Stat. lucch., 1376.

In testi sett.: Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.).

In testi mediani e merid.: Stat. perug., 1342; Destr. de Troya, XIV (napol.).

0.5 Le forme del tipo faccente sono l'esito regolare di facientem; quelle del tipo fac(i)ente possono essere scempiamenti, grafie con la scempia per la doppia, ricostruzioni latineggianti o analogiche su altre forme del paradigma di fa(ce)re.

0.7 1 Che fa, che compie un'opera o un'azione. 1.1 Dedito a fare, operoso. 2 Sost. Chi compie un'opera o un'azione, esecutore. 3 Di bell'aspetto. 4 Che si addice, pertinente, confacente.

0.8 Sara Ravani 16.05.2008.

1 Che fa, che compie un'opera o un'azione.

[1] Giordano da Pisa, Prediche, 1309 (pis.), 13, pag. 105.29: lo padre et la madre nostra sono cose passive, che sostegnono passione, et Dio è come persona agente et faccente che mette in loro la virtude unde noi siamo creati, et però Elli è vero padre.

[2] Arte Am. Ovid. (A), XIV pm. (pis.), L. III, pag. 114.3: Li segni, che hano ora nome del faccente Merone, funo in qua dirieto carico senza frutto e dura massa.

[3] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 8, par. 7, pag. 201.30: Ché quella propria matera dee di colui agiente o ffacciente l'azzione prendere o rricievere, la quale è nata e ordinata fare e in quella per la fine alla quale avoghabole è...

1.1 Dedito a fare, operoso.

[1] Deca prima di Tito Livio, XIV pm. (fior.), L. 5, cap. 3, vol. 2, pag. 3.34: Egli fu non pur solamente visto d'ingegno, anzi fu ancora molto facente in molte altre bisogne...

[2] Velluti, Cronica, 1367-70 (fior.), pag. 40.11: e oggi è molto savio, intendente e faccente, e assai industrioso, altiero e propio, e molto ardito, leale e diritto.

[3] Destr. de Troya, XIV (napol.), L. 3, pag. 68.7: E consiglyaose allora con Hercules de tale abesogna, et Hercules, commo a persona plu facente, recipio in sé lo carreco de questa impresa.

1.1.1 Sost.

[1] Rim. Am. Ovid. (A), XIV pm. (pis.), pag. 144.23: Quel guarzone suol seguitar pigritia e ha in odio li faccenti: da' a la voita mente opra per la qual sia tenuta.

2 Sost. Chi compie un'opera o un'azione, esecutore.

[1] Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 4, pag. 59.28: tutte l'operationi u sono vitio, u sono virtù, excepte quelle cose che ssi fanno dai bambuli et dalli stolti, che non possono peccare, né fare virtude; et che nullo meçço è tra queste cose, et sono giudicate secondo la intentione del faccente.

[2] Stat. perug., 1342, L. 3 rubr., vol. 2, pag. 8.27: Del facente l'omecidio en certe luocora.

[3] Libro del difenditore della pace, 1363 (fior.), diz. 2, cap. 8, par. 9, pag. 205.20: Altressì per l'umana leggie e giudichato della terza singnifichazione, sono i fatti umani passanti in profitto o ddamaggio, diritto o ingiuria d'altri, sono a rregholare del facciente.

- [Sinon. di fattore].

[4] a Stat. lucch., 1376, L. 1, cap. 23, pag. 52.22: Et ciascuno testore et testrice et faccenti et lavoranti di seta o di sendada o di sciamito o di drappi ad oro o simiglianti a questi.

3 Di bell'aspetto.

[1] Bonvesin, Volgari, XIII tu.d. (mil.), De scriptura aurea, 623, pag. 172: Ma el g'è zascun illoga e san e alegroso, / De temperadha forma, intreg e specïoso / E fresc e ben formao, facent e gratïoso, / Adrig e mond e zovene, compio e solazoso.

[2] Velluti, Cronica, 1367-70 (fior.), pag. 296.10: Monna Ginevera [[...]] fu più bella e maggiore di niuna sua serocchia, e, sanza vergogna dell'altre, fu delle vertudiose savie e facenti donne che io vedessi mai...

4 Che si addice, pertinente, confacente.

[1] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 33, pag. 588.3: e come poi, quando Cristo legòe lo plaustro, cioè la Chiesa ad essa, ed ella si rivestìe di fronde, di fiori, e di frutto, cioè del cibo faccente alla salute del popolo di Dio...

[2] Ottimo, Par., a. 1334 (fior.), c. 14, pag. 329.5: alcuna volta il dicitore dee fare suo principio da alcuno essemplo faciente alla materia, massimamente quando l'[udi]tore è stanco d'udire.

[u.r. 02.05.2010]