MARTINO (2) agg.

0.1 f: martini.

0.2 Da Martino. || Cfr. 0.6 N.

0.3 F Libro di cocina (A, ed. Boström), XIV/XV (merid.): 1.

0.4 Non att. nel corpus.

0.6 N L'esistenza di Martino come antrop. generico (come l'odierno Tizio) è documentata già nel Fiore di rett., red. beta, a. 1292 (fior.), cap. 59, pag. 65.15 («non la ridica più poscia, in questo modo: "Nell'ora della cena venne in Roma Martino; poscia che nell'ora della cena fu Martino in Roma giunto, cenò a grand'agio...»), in Giordano da Pisa, Pred. Genesi, 1309 (pis.), 5, pag. 69.7 («Ché di': 'Perché àe Martino più di me? Perché non abbo io questo et questo?'») e in Dante, Commedia, a. 1321, Par. 13.139, vol. 3, pag. 220 («Non creda donna Berta e ser Martino»).

0.7 1 Di qualunque tipo.

0.8 Giulio Vaccaro 03.03.2011.

1 Di qualunque tipo.

[1] F Libro di cocina (A, ed. Boström), XIV/XV (merid.): Affare brudo de pesce martini [[ed.: marini]] grande lava lo pescie... || Boström, p. 17. Per il ripristino della lezione del ms. (posta da Boström in apparato), cfr. Lubello, Torta parmesana, p. 321.

[u.r. 23.03.2018]