PENSO s.m.

0.1 penso, penzo.

0.2 Da pensare 1.

0.3 Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.): 1.

0.4 In testi tosc.: Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.); S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [a. 1374].

In testi mediani e merid.: Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.).

0.5 Locuz. e fras. stare in penso 2.

0.6 N Voce redatta per il progetto «L'affettività lirica romanza» (Prin 2008, LirIO).

Doc.: cit. tutti i testi.

0.7 1 Lo stesso che pensiero. 2 Preoccupazione, stato di apprensione.

0.8 Marco Paciucci 03.12.2012.

1 Lo stesso che pensiero.

[1] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), canz. 10.25, pag. 22: Poi ch'omo lo so penso / trova de van giudicio, / sì non crede se stesso, / se ben vederà spesso / ciò ch'ha 'n credere officio.

[2] S. Caterina, Epist., 1367-77 (sen.), [a. 1374] lett. 2, pag. 16.6: o Magdalena amore, tu impazzi, però che tu non avevi cuore, ched egli era riposto col tuo dolcissimo maestro e Salvatore nostro dolce! Ma tu ne pigliasti buono penso per trovare el tuo dolce Gesù.

2 Preoccupazione, stato di apprensione.

[1] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 540, pag. 122: Ad ser Lalle et ad li altri a dicere mandone: / «Che non agiano penso, ché ad Napoli me nne vone, / Et may non torno in Aquila, se ipsi accuncy non sone».

- Locuz. verb. Stare in penso: preoccuparsi, dedicare sollecita attenzione a un'attività.

[2] Buccio di Ranallo, Cronaca, c. 1362 (aquil.), quart. 841, pag. 191: Poi venne la Natale, intrò l'anno jubileo; / Stava in penzo le gente, cescasuno dello facto seo, / Como avere potesse la remissione da Deo.