ABBRUCIATICCIO s.m.

0.1 f: abrusciaticcio.

0.2 Da abbruciato.

0.3 f Valerio Massimo (red. V2), c. 1346 (tosc.): 1.

0.4 Non att. nel corpus.

0.6 N Voce redatta nell'ambito del progetto DiVo.

È interessante osservare che le prime due redazioni del volgarizzamento ricorrono a una traduzione analitica del tipo «(la sua carne) che ardeva» o sim.: cfr. Valerio Massimo, prima red., a. 1338 (fior.), nel corpus OVI; Valerio Massimo (red. Va), a. 1336 (tosc.) e Valerio Massimo (red. V1, ed. Lippi Bigazzi), a. 1336 (fior.), nel corpus DiVo.

0.7 1 Ciò che è bruciato.

0.8 Elisa Guadagnini 23.07.2014.

1 Ciò che è bruciato.

[1] f Valerio Massimo (red. V2), c. 1346 (tosc.), L. III, cap. 3 strani, pag. 77r.19: in sul braccio del quale [[fanciullo]] cadde uno carbone ardente, per lo quale, avvegna che 'l fanciullo sì ardesse che lo puzzo dell'abrusciaticcio del suo corpo trapassava a li nasi di quelli che v'erano d'intorno, impertanto col tacere strinse la doglia e tenne il braccio immobile... || DiVo; non att. nel corpus da altre ed.; cfr. Val. Max., III, 3, ext.1: «...ut adusti corporis eius odor ad circumstantium nares perueniret...».