PŔTERA s.f.

0.1 patera, patere.

0.2 Lat. patera (DELI 2 s.v. patera, che avvicina pŕtera a patčna).

0.3 Simintendi, a. 1333 (tosc.): 1.

0.4 In testi tosc.: Simintendi, a. 1333 (tosc.); Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.).

0.5 Accento: anche patčra.

0.6 N Voce redatta nell'ambito del progetto DiVo.

Doc.: cit. tutti i testi.

0.7 1 Recipiente largo e basso a forma di scodella, gen. d'oro, adoperato per le offerte sacrificali agli dči nelle pratiche religiose dell'antichitŕ classica.

0.8 Cosimo Burgassi 10.12.2014.

1 Recipiente largo e basso a forma di scodella, gen. d'oro, adoperato per le offerte sacrificali agli dči nelle pratiche religiose dell'antichitŕ classica.

[1] Simintendi, a. 1333 (tosc.), L. 13, vol. 3, pag. 128.2: E gli Troiani [[...]] diedono ad Anio sacerdote lo vasello che guarda l'oncenso, e diedono la patera, e la corona risplendiente d'oro e di gemme.

[2] Fazio degli Uberti, Dittamondo, c. 1345-67 (tosc.), L. 5, cap. 30.27, pag. 422: Quivi [[scil. nel Nilo]], con molta fede e grande spera / ch'avean [[scil. Li Egizian]] nel bo' che desse legge al Nilo, / d'or li gettavan dentro una patera. || L'accentazione dipende dalla rima o forse anche dall'incrocio con patčna: cfr. 0.2.

[3] Deca terza di Tito Livio, XIV (fior.), L. 7, cap. 4, pag. 197.5: Li quali [[scil. ambasciadori]] portarono al re una toga, e una tunica purpurea e una sella d' avorio e una patera d' oro fatta di cinque pondi.