ZARA (1) s.f.

0.1 çara, çaro, ççara, zara, zare.

0.2 Ar. zahr (DELI 2 s.v. zara).

0.3 Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.): 1.

0.4 In testi tosc.: Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.); <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>; Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.); Stat. sen., 1280-97; Contr. Cristo e Satana, c. 1300 (pis.); Stat. pis., 1330 (2); Stat. prat., 1335-75.

In testi sett.: Stat. moden., 1335.

In testi mediani e merid.: Stat. tod., 1305 (?); Cecco Nuccoli (ed. Marti), XIV pm. (perug.).

In testi sic.: Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.).

0.5 Anche s.m. (çaro).

Locuz. e fras. giocare a zara 1; zara a chi tocca 1.2.

0.6 N Voce redatta nell'ambito del progetto DiVo.

Non si accolgono le forme azara e azaro (per cui v. azaro): nei casi di possibili scrizioni alternative (es. la zara, l'azara) si è seguita la scelta dei testi inclusi nel corpus.

L'occ. in 1 [4] è posteriore alla data di stesura del Novellino, in quanto si trova solo nella nov. V dell'ed. giuntina del 1572 allestita dal Borghini, che risulta tra le 18 arbitrariamente introdotte dal curatore stesso, reperendole da materiale più tardo: in partic. la novella in questione, secondo la nota autografa del Borghini, fu tolta da «un Comento delle Epistole d'Ovidio volgare d'un Filippo Bocca di Lampa, intorno all'anno 1300» (Di Francia, Le cento novelle, p. 172 n. 1).

0.7 1 [Gioco] Gioco d'azzardo che si praticava gettando tre dadi (più raramente due), dichiarando al contempo ad alta voce la somma che si riteneva sarebbe uscita. 1.1 [Gioco] I numeri più bassi (3 e 4 o dal 3 al 6, a seconda delle fonti) e più alti (17 e 18 o dal 15 al 18) ottenibili col lancio dei tre dadi, frutto di pochissime combinazioni e che per questo motivo nel corso del gioco non potevano essere scelti. 1.2 Fig. Risultato sfavorevole, danno; rischio, pericolo.

0.8 Cristiano Lorenzi 29.06.2015.

1 [Gioco] Gioco d'azzardo che si praticava gettando tre dadi (più raramente due), dichiarando al contempo ad alta voce la somma che si riteneva sarebbe uscita. || Vinceva chi indovinava il numero esatto, mentre chi perdeva era costretto a versare una quantità di denaro proporzionale al numero uscito.

[1] Brunetto Latini, Tesoretto, a. 1274 (fior.), 2776, pag. 271: E un altro per impiezza / a la zara s'avezza / e giuoca con inganno, / e per far l'altrui danno / sovente pigna 'l dado, / e non vi guarda guado...

[2] <Egidio Romano volg., 1288 (sen.)>, L. 1, pt. 2, cap. 17, pag. 53.34: il filosafo dice, nel quarto libro dell'Etica, che gli usurieri e quellino che spogliano ei morti, né quelli che giocano a zara, fanno malvagio guadagno e laido acquisto.

[3] Stat. sen., 1280-97, par. 128, pag. 37.2: statuimo et ordiniamo che neuna persona di Montagutolo nè de la corte, nè alcuno forestiere, debbiano giocare a zara nè in Montagutolo nè ne la corte...

[4] f Novellino, XIII u. v. (fior.): quali prese a giucare a zara, e quali a tavole, od a scacchi. || Crusca (1) s.v. zara. Cfr. 0.6 N.

[5] Contr. Cristo e Satana, c. 1300 (pis.), pag. 38.7: tu non vincesti a rascione come quelli che inganna iocando a zara...

[6] Stat. tod., 1305 (?), pag. 281.38: provedemo e ordenamo et che al postucto volemo che quisto capitulo sia observato emperciò che 'l ioco della çara ène arte dyabolica e fo ordenata et facta dal nemico de Dio...

[7] Dante, Commedia, a. 1321, Purg. 6.1, vol. 2, pag. 87: Quando si parte il gioco de la zara, / colui che perde si riman dolente, / repetendo le volte, e tristo impara...

[8] Stat. pis./sard., a. 1327, L. 1, cap. 11, pag. 26.20: et eciandio dela peccunia che trovasseno giocare a giuoco di çara o ad altro giuoco divitato, no(n) possano né debbiano toccare né avere alcuna cosa...

[9] Stat. pis., 1330 (2), cap. 80, pag. 517.15: Et di giuoco ad zara, et ad codrione, durante l' officio: in dei quai cazi, essi Ansiani, u alcuno lor notaio, non possano diclinare nè mancare la iurisdictione del Capitano.

[10] Stat. moden., 1335, cap. 16, pag. 380.19: Ancora ordenemo che se alcuno homo de la nostra compagnia firà trovà [[...]] che sia zugadore de çogo da çaro e de beschaza, esere castigato per lo nostro ministro...

[11] Accurso di Cremona, 1321/37 (mess.), L. 9, cap. 9, vol. 2, pag. 219.29: jucandu issu a la zara et vincendu, dicendu commu per iocu inver quillu con lu quali issu jucava: «Aucidilu»...

[12] Cecco Nuccoli (ed. Marti), XIV pm. (perug.), tenz. 10, 1.16, pag. 788: i' gli promise / de non giucar né a tavole né a zara...

[13] Sposiz. Pass. s. Matteo, 1373 (sic.), Prologo, cap. 13, vol. 1, pag. 41.28: cui non poti rendiri ka iucau a la zara non esti sculpatu, ma esti dignu di essiri bactutu per lu fallu cummissu...

[14] Stat. prat., 1335-75, cap. 11, pag. 641.2: Chi giocasse a çara, vada per ogne volta a disciplina a Sancta Anna scalço.

- Fras. Giocare a zara qsa: sprecare qsa in occupazioni vane.

[15] Giordano da Pisa, Quar. fior., 1306 (pis.>fior.), 67, pag. 330.26: Vedi come è prezioso il tempo! Or lo giuoca a zara!

- [Prov.].

[16] Garzo, Proverbi, XIII sm. (fior.), 499, pag. 313: Zara, chi la 'mpara, / fa la mano avara.

1.1 [Gioco] I numeri più bassi (3 e 4 o dal 3 al 6, a seconda delle fonti) e più alti (17 e 18 o dal 15 al 18) ottenibili col lancio dei tre dadi, frutto di pochissime combinazioni e che per questo motivo nel corso del gioco non potevano essere scelti. || Per l'accostamento paretimologico a zero cfr. [2].

[1] Ottimo, Purg., a. 1334 (fior.), c. 6, pag. 74.21: In tre dadi si è tre lo minore numero che vi sia; e' non può venire se none in uno modo, cioè quando ciascuno dado viene in asso; quatro non può venire in tre dadi, se none in uno modo, cioè l'uno dado in due, e due dadi in asso: e però che questi due numeri non possono venire se none in uno modo per volta, [[...]] non sono computate nello giuoco, e sono appellate zare...

[2] Francesco da Buti, Purg., 1385/95 (pis.), c. 6, 1-12, pag. 123.26: questo giuoco si chiama zara per li punti diventati che sono in tre dadi da sette in giù e da quattordici in su; e però quando vegnano quelli punti, diceno li giocatori: Zara; quasi dica: Nulla, come zero nell'Abbaco...

1.2 Fig. Risultato sfavorevole, danno; rischio, pericolo.

[1] Bono Giamboni, Vizi e Virtudi, a. 1292 (fior.), cap. 67, pag. 106.17: solo Idio il cuor delli uomini conosce: e voi ne gittate queste zare.

[2] Guittone, Rime (ed. Egidi), a. 1294 (tosc.), son. 230.5, pag. 262: Zara dirieto m'ha gittato 'l dado: / ciò non serea, se l'avesse grappato.

- Fras. Zara a chi tocca: a chi capita, il danno è suo.

[3] F Niccolò Soldanieri, Da' da', a. 1385 (fior.): Pensa, pensa che tardi si rincocca / chi scende a risalir: zara a cui tocca! || Corsi, Rimatori, p. 742. L'espressione torna nel Pataffio, cap. 10.42: «"Zara a ccu' tocca" ch'i' vot'ò il borsello».

[u.r. 26.03.2024; doc. parzialm. aggiorn.]