ARNABAEN s.i.

0.1 arnabaen.

0.2 Etimo non accertato. || Forse, per errore, dall'ar. arnab 'lepre'? Cfr. 0.6 N.

0.3 Serapiom volg., p. 1390 (padov.): 1.

0.4 Att. unica nel corpus.

0.6 N La forma è un'integrazione editoriale che accoglie a testo un'aggiunta attribuita alla mano β (cfr. Ineichen, Serapiom, vol. I, pp. XXVI-XXVII).

Una voce arnaben ricorre nell'Opus pandectarium medicinae (1317) di Matteo Selvatico (cfr. Dykmans, Robert d'Anjou, p. 41): «Arnaben: harneb ara[bice] [[...]], lati[ne] vero lepus silvestris» (così ad es. nella stampa Pavia, de Castello, 1508). Tale designazione della lepre coincide con ar. arnab, plur. araneb (cfr. Di Tucci, Dizionario, p. 129); se la voce è desunta dal glossario di Selvatico o da altro affine, potrebbe essersi verificata una confusione con la contigua voce arnabati, che designa un semplice: «Arnabati, id est semen spatarelli».

0.7 1 [Bot.] Tipo di pianta.

0.8 Marco Maggiore 29.01.2016.

1 [Bot.] Tipo di pianta. || Non det.; cfr. Ineichen, Serapiom, vol. II, p. 68.

[1] Serapiom volg., p. 1390 (padov.), Erbario, cap. 311, pag. 344.4: Diascorides dixe che ella [[scil. la nigella]] sì è una pianta piçola, longa circha du palmi over più. E fa le foie menù, molle, simelle a quelle de una pianta, la qualle fi dita [arnabaen], se no che elle sì è più piçolle.