0.1 loquace, loquaci, loquacie; f: lloquaci.
0.2 Lat. loquax, loquacem (DELI 2 s.v. loquace).
0.3 Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.): 1.1.
0.4 In testi tosc.: Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.); Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.); Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.); Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.).
0.6 N Voce redatta nell'ambito del progetto DiVo.
0.7 1 Che parla molto, con facilità o di buon grado. 1.1 [Con connotazione neg.:] che tende a parlare in eccesso, che esprime o divulga troppo liberamente ciò che pensa o ciò che sa (anche sost.).
0.8 Elisa Guadagnini 02.12.2014.
1 Che parla molto, con facilità o di buon grado.
[1] Ottimo, Inf., a. 1334 (fior.), c. 32, pag. 552.18: Poi che lli detti due non si vollero palesare all'Autore, qui introduce a palesargli un altro più loquace, lo quale li manifesta per lo luogo di loro natività, per lo padre che gli generò, per lo peccato ch'elli commissono.
[2] f Giovanni dalle Celle (?), Paradossi, a. 1396 (tosc.), P. 5, pag. 417.16: Alli adolescenti, se sono alquanto più loquaci che lli altri, si conviene servire; tutti quelli li quali paiono sapere alcuna cosa, come signori sono tenuti. || DiVo; non att. nel corpus da altre ed. Cfr. Cic., Par., 40: «adulescentibus paulo loquacioribus est serviendum...».
- [Rif. meton. ad un enunciato:] ricco di parole, verboso.
[3] f Valerio Massimo (red. Va), a. 1336 (tosc.), L. III, cap. 4, pag. 49v.10: con ciò fosse cosa che gl'ingegni degli amaestratissimi uomini [[...]] lle misure del sole e della luna e dell'altre stelle più co· lloquaci che con certi argomenti si sforzassero d'istrigare... || DiVo; non att. nel corpus da altre ed. Cfr. Val. Max., III.4, ext.1: «loquacibus magis quam certis argumentis explicare conarentur...».
- Fig. [Rif. all'abbondanza di versi animali].
[4] Ciampolo di Meo Ugurgieri, a. 1340 (sen.), L. 11, pag. 376.20: i rochi cigni danno suono per li loquaci stagni. || Cfr. Verg., Aen., XI, 458: «dant sonitum rauci per stagna loquacia cycni».
1.1 [Con connotazione neg.:] che tende a parlare in eccesso, che esprime o divulga troppo liberamente ciò che pensa o ciò che sa (anche sost.).
[1] Andrea da Grosseto (ed. Selmi), 1268 (tosc.), L. 3, cap. 12, pag. 223.1: Non t' inganni sì l'amor tuo che noccia, nè ti tragga in amistà d'uomo linghoso o di loquacie, e di pazzo; perciò che nel molto parlare non viene meno peccato.
[2] Gl Andrea da Grosseto (ed. Segre), 1268 (tosc.), L. 1, cap. 3, pag. 155.15: Anche dei guardare che non parli con uomo virlingoso e loquace, cioè con neuno che parli troppo...
[3] Arte Am. Ovid. (B), a. 1313 (fior.), L. II, pag. 295.16: Venus comanda che li suoi sacrificii sieno taciuti; io Ovidio amonisco che neuno non vegna loquace a quelli.
[4] Cavalca, Esp. simbolo, a. 1342 (pis.), L. 1, cap. 20, vol. 1, pag. 159.4: Il settimo male si è, che fa l' uomo loquace, e pur in male.